Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente

Il discernimento degli spiriti


Meditazione di don Divo Barsotti alle suore della meditazione (GE).

Se vogliamo capire come Dio agisce in noi, per riconoscere la sua azione, dobbiamo ricordare che lo Spirito di Dio è Creatore. Con questa parola si intende dire che l'azione dello Spirito Santo in noi ha i caratteri di una creazione, che si dilata e cresce. Quali sono i caratteri propri dell'azione dello Spirito Santo, come possiamo riconoscerli, e sapere se veramente siamo condotti dallo Spirito di Dio?
La dottrina che risponde a questa domanda è antica quanto il cristianesimo, anzi più del cristianesimo, perché si trova già negli scritti di Qumran e nel Vangelo. Dopo il Vangelo, uno degli scritti fondamentali della prima letteratura cristiana è «Il Pastore» di Erma, scritto nel 140; poi la troviamo in sant'Agostino e in tanti altri Padri della Chiesa, fino a san Bernardino da Siena, all'Imitazione di Cristo, a sant'Ignazio di Loyola e altri santi: È la «discretio spirituum», il discernimento degli spiriti.
Un grande scrittore di spiritualità cristiana del quinto secolo, Diadoco di Foticea, in un libro di cento capitoli sulla perfezione spirituale ci aiuta a capire quando e come lo Spirito Santo agisce in noi. È importantissimo, perché noi possiamo essere condotti dallo spirito del maligno anziché dallo Spirito di Dio.
Come conoscere dunque l'azione dello Spirito Santo in noi? Rispondo: lo Spirito è Creatore, l'azione dello Spirito di Dio in noi è un'azione che continua la creazione dell'uomo. Questa continuità di creazione importa una fedeltà. Noi dobbiamo dubitare delle anime instabili, delle anime che oggi vogliono essere contemplative e vivere soltanto nell'estasi, e domani vogliono invece vivere un servizio al prossimo che non le lasci più in riposo. Evidentemente qui non vi è lo Spirito di Dio.
Lo Spirito di Dio esige continuità, cioè la fedeltà ai suoi impulsi, che portano l'anima in una data direzione.
Nella vita spirituale non si può pretendere di giungere a nessuna mèta se andiamo vagando qua e là, diretti ora da una parte ora dall'altra, se ora vogliamo una cosa e ora un'altra. Per questo, in tante Congregazioni religiose è legge che non si prenda mai una persona che venga da un’altra Congregazione, da un altro Istituto. Ci possono essere casi eccezionali, lo si è visto anche nella storia della santità cristiana: persone che appartenevano a un certo Istituto e poi Dio le ha portate a fondare altre Congregazioni. Ma anche in questo caso conservano lo stesso spirito; è indubbio, per esempio, che la beata Anna Michelotti, cresciuta alla spiritualità salesiana, l'ha mantenuta nella fondazione della sua Congregazione di vita attiva. È indubbio che Luisa Margherita Claret de la Touche ha conservato la spiritualità salesiana, anche se ha fondato Betania. Dio può anche volere che escano da una Congregazione delle anime, ma per una particolare missione, che non potrebbe essere vissuta rimanendo nello stesso Istituto.
Ma la vita è una sola, e anche se voi siete venute fuori dalla vostra famiglia, non vi hanno cambiato il sangue; voi rimanete figlie di una certa famiglia con un certo tipo sanguigno, perché l'uomo non può cambiare sostanzialmente; e se non cambia sostanzialmente sul piano biologico per quanto riguarda la vita fisica, non può cambiare nemmeno spiritualmente per quanto riguarda la vita spirituale. La spiritualità è una sola. Non si può essere Carmelitana e poi diventare Salesiana, altrimenti non è né Salesiana né Carmelitana. Lo spirito è uno, quando veramente lo si possiede.
Unità e fedeltà
Vivere in dipendenza dallo Spirito Santo vuol dire perciò mantenere la propria fisionomia. Evidentemente la vita implica una continuità, una fedeltà, e vi sono delle famiglie di anime che hanno particolari caratteri. Non è detto che i santi, pur essendo tutti perfetti nella carità, si somiglino; al contrario, quanto più divieni santo, tanto più hai caratteri propri. I bambini più o meno si somigliano tutti; fanno capricci, giocano ... È crescendo che le diversità si manifestano, ma queste diversità di carattere implicano una continuità nel cammino. Fin da bambino si vedono le predisposizioni; così avviene anche nella vita spirituale. La continuità!
Voi avete ricevuto una vocazione, che probabilmente affonda nella vostra puerizia, nella vostra infanzia. Certo non vivete oggi quello che vivevate trent'anni fa, se avete vissuto siete cresciute; è mai possibile arrestare la vita? Così anche nella vita spirituale, certamente se si vive si cresce; ma il crescere non vuol dire che diveniamo diversi: cresciamo in una certa direzione, perché fin da giovani avevamo una certa vocazione, non carmelitana, non benedettina; una vocazione che poi si è chiarita, per esempio alla spiritualità salesiana, che vi ha realizzate sul piano cristiano.
Continuità nel cammino, fedeltà alla stessa vocazione. Non saremo mai santi se non saremo fedeli alla prima vocazione che ci ha dato Dio, perché Dio non cambia, siamo noi che cambiamo; ma il cambiamento nostro vuol dire sottrarci alla mano di Dio. Quello che Dio ha voluto per noi fin dall'eternità, quello rimane: egli ci ha chiamati con un nome fin dall'eternità, e soltanto realizzando quel nome noi saremo santi, non altrimenti, in nessun modo. Il cammino nostro verso Dio è uno, ed è la realizzazione di quella Parola, di quel nome con cui ci ha chiamati quando ci ha creati. La nostra vocazione è la creazione medesima, che poi si compie nel tempo; ecco perché dicevo che la creazione dell'uomo è un atto continuo che dura per tutta la vita.
Fedeltà, ecco la prima esigenza dello Spirito di Dio. Siamo sicuri che non è lo Spirito di Dio che ci chiama se oggi vogliamo essere un’anima di austere mortificazioni e ci mettiamo addosso chili di ferro tra cilici, corde e catenelle, e domani vogliamo essere un'anima di fuoco predicando a tutto il popolo cristiano, e il terzo giorno vogliamo essere un'anima contemplativa che vive soltanto nelle nuvole; così non viviamo né la vita contemplativa, né la mortificazione, né l'apostolato, ma soltanto la nostra volontà, anche se questa volontà si esprime in una vita di mortificazione, o in una vita di apostolato, perché non abbiamo cercato che noi stessi, non siamo stati in ascolto di Dio.
Non c'è un essere più santi qui, un essere più santi là; la carità può assumere tutte le forme, può seguire tutte le vie, ma una cosa sola si impone all'anima che vuole avere carità: il dono totale di sé e l'abbandono totale di sé all'azione dello Spirito Santo, che porta un'anima per una via e l'altra anima per un'altra via. Non possiamo essere gelosi degli altri o invidiosi di un’altra anima che Dio chiama per un'altra strada; sarebbe un amare noi stessi, il nostro pensiero, la nostra volontà, non Dio.
La fedeltà è la prima cosa che si impone; senza la fedeltà non c'è continuità di un cammino, e senza la continuità di un cammino non c'è nemmeno un progresso.
È evidente che la strada rimane unica e si deve proseguire per quella, perché l'instabilità non viene da Dio; da Dio viene la fedeltà, non l'instabilità. Ecco il primo carattere in cui si riconosce l'azione dello Spirito Santo, se il nostro cammino è continuo; certo, siamo cresciuti, ma rimaniamo gli stessi. Come nella vita naturale si cresce, ma si rimane gli stessi, così anche nella vita spirituale: si cresce, ma sempre mantenendo lo stesso spirito; cresce in noi il possesso che lo Spirito ha di noi stessi, ma nella continuità e nella fedeltà allo stesso ideale.
Gioia e pace
Ma non si tratta soltanto di fedeltà; il crescere implica anche la dilatazione dell'anima: crescere vuol dire dilatarsi, vuol dire divenire più grandi, più grandi nel nostro spirito, più grandi nel nostro amore ... e la dilatazione implica la gioia. Il freddo, diceva san Serafino di Sarov, è il segno del demonio; e san Francesco di Sales: un santo triste è un tristo santo, e san Francesco di Assisi: la tristezza è il male di Babilonia. Ecco perché il carattere proprio dell'azione dello Spirito è la dilatazione dell'anima nella gioia, una gioia pura, una gioia spirituale, se volete, ma una gioia vera, l'anima si dilata nella libertà, si sente più sciolta, più libera via via che cammina verso Dio. Non è appesantita, affaticata, non si sente prigioniera, non si sente legata; nella misura in cui risponde a Dio acquista un senso di libertà e di gioia, si dilata nell'amore.
Rispondere allo Spirito vuol dire conoscere sempre più questo crescere di vita, questo crescere di gioia, questo crescere di libertà interiore. È il secondo carattere della vita divina in noi.
Il terzo carattere è la pace: l'anima sente la pace, l'anima ha l'ansia di una perfezione sempre maggiore, tuttavia nel suo intimo vive una pace, una serenità mirabile, perché ha trovato il suo riposo, il suo fondamento: «Deus meus firmamentum meum», mio Dio fermezza mia, mia roccia su cui io ho fondato la mia vita; si sente non sospesa nel vuoto, ma sorretta dalle mani di Dio.
Avete presente quello che dice Gesù al termine del sermone della montagna. «A chi paragonerò l'uomo che compie quelle cose che vi ho detto? A un uomo che costruisce la casa sulla roccia; vennero venti e venne la tempesta e la casa non si scosse. A chi paragonerò colui che non obbedisce a queste parole? A chi costruisce sulla rena; vennero i venti e vennero le piogge e fu grande la sua rovina» (cf Mt 7,24 - 27).
Il terzo carattere dell'azione dello Spirito è precisamente il sentire che quanto più tu rispondi, tanto più la tua anima trova la pace, trova la sua stabilità, la sua fermezza, la sua sicurezza interiore; non oscilla più, ma rimane ferma, immutabile come immutabile è Dio. Sono questi i caratteri propri dell'azione dello Spirito in un'anima in quanto è creatura.
Ma questi caratteri possono anche essere i caratteri dell'orgoglio; la testardaggine può apparire come la fedeltà a un ideale, una certa facilità nella gioia può essere anche segno di leggerezza e di superficialità. E allora come riconoscere l'azione dello Spirito? Vi è un particolare segno più grande e più sicuro ancora di quelli che vi ho dato, perché dopo che l'uomo ha peccato la creazione stessa diviene ambigua. Non è il fatto del crescere nella creazione che ci assicura una vita spirituale e la santità, perché il crescere, dal momento che abbiamo deviato con il peccato dalla via che ci conduce a Dio, può portarci anche più lontani da Dio.
I segni dell'azione dello Spirito
Quale è dunque il segno più sicuro dell'azione dello Spirito? Certo, Dio è creatore, ma soprattutto è salvatore, dopo che l'uomo ha peccato; egli ci redime e ci salva, eliminando l'ambiguità del peccato, risanando la nostra natura.
E il nostro Redentore è Gesù. Per sant'Ignazio di Loyola il carattere più proprio dell'azione dello Spirito è il «sentire cum Ecclesia», sentire con la Chiesa, il vivere dei sentimenti stessi della Chiesa, inserirsi sempre più profondamente nella Chiesa. È il carattere specifico di un apostolo che lavora per la Chiesa nel ministero. Per un'anima contemplativa il medesimo carattere si concentra nell'amore per Cristo: non amare nulla al di sopra di Cristo, non amare che Cristo, non volere che lui.
È l'insegnamento che vi dà proprio la storia del vostro Ordine. Non avete tra le vostre Sorelle santa Margherita Maria Alacoque? Non ha insegnato lei quanto Gesù ci ha amato e come noi dobbiamo riamarlo? Non è precisamente questo l'insegnamento fondamentale anche del vostro Padre e Fondatore, il Dottore dell'Amore? L'amore per Cristo! Ecco quello che distingue l'azione dello Spirito; l'azione dello Spirito è quella di operare l'incarnazione del Verbo, lo dice anche il Credo: «Per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine».
Se dunque la nostra vita spirituale non può essere altro che una identificazione progressiva col Cristo, lo Spirito Santo non può vivere in noi che in quanto ci unisce a Gesù, in quanto ci porta a Gesù, in quanto rende sempre più esclusivo in noi l'amore per Cristo Signore. Ed è questo il carattere proprio dell'azione dello Spirito, da questo noi riconosciamo se siamo animati dallo Spirito del Signore, da questo noi riconosciamo se le ispirazioni che riceviamo, le mozioni interiori che riceve il nostro spirito, vengono dallo Spirito Santo, o dipendono dallo spirito naturale, o dipendono dallo spirito maligno.
Prima di tutto verifichiamo se queste mozioni implicano un crescere della nostra vita spirituale nella fedeltà, nella gioia e nella pace; e poi se questo crescere nella fedeltà, nella gioia e nella pace ci unisce sempre più a Cristo Signore, ci fa identificare sempre più a lui, e rende sempre più viva in noi la passione per Cristo e per la sua Chiesa. Questa in poche parole è la dottrina del discernimento degli spiriti.
La vita spirituale è prima di tutto rapporto di amore, e il rapporto di amore come suppone l'amante suppone l'amato: si può amare se non c'è uno da amare? Se dunque tutta la vita cristiana è amore, l'amore suppone la presenza dell'amato, del Cristo. Tutta la vostra vita implica di per sé la presenza di lui; senza questa presenza noi andiamo vagando qua e là, possiamo vivere le virtù, ma solo come esercizio di etica naturale, come esercizio di morale. No, la vita cristiana non è esercizio di moralità, è un rapporto di amore, e le virtù che esercitiamo sono espressione di questo amore per lui. Ma non sì può amarlo se lui non c'è. Perciò è necessario per noi che il Cristo sia reale, divenga sempre più reale e sempre più vivo.
Cristo nostra vita
Vivere il Cristo, sentire la realtà del Signore, vivere questa realtà, questa presenza, questa concreta realtà di un Dio che ci ama e che noi vogliamo riamare, ecco quello a cui ci porta lo Spirito Santo. Per lo Spirito Santo il Figlio di Dio si è fatto uomo e gli uomini lo hanno veduto, lo hanno toccato, lo hanno ascoltato. Lo dice san Giovanni nella sua prima Lettera: « ... quello che i nostri occhi hanno veduto, quello che i nostri orecchi hanno udito, quello che le nostre mani hanno toccato, il Verbo di Dio, questo noi annunciamo». Ed è questo che voi dite al mondo; non dite che siete buone, che siete umili, che siete modeste ... tutto questo verrà da sé, ma voi dite al mondo: io ho conosciuto Gesù, io lo ho amato, Gesù, la mia vita non è che lui!
Gesù è più reale di voi stesse, Gesù è veramente la vita e la realtà unica; vivere con lui, vivere di lui, ecco ciò a cui vi porta lo Spirito. È soltanto lo Spirito che vi dà gli occhi per vederlo; se lo Spirito Santo non vive in voi, il Signore rimane nascosto, segreto, rimane invisibile; se lo Spirito Santo non vi apre le orecchie voi non ascoltate la sua Parola. Ma se vivete in dipendenza dallo Spirito di Dio, voi avete nuovi occhi per contemplare una nuova realtà, e la realtà è il Signore che vi ama, voi avete nuovi orecchi per ascoltare, e ascoltate una Parola che vi chiama, il Signore; voi avete, sì, un nuovo gusto: «gustate e vedete quanto è buono il Signore», per gustare la dolcezza di Dio. Voi conoscete un profumo che vi inebria e vi porta via: è il passaggio del Signore! Non è così? Al mondo di quaggiù, ecco, è subentrato per voi un mondo nuovo. Come è piena la vostra vita della sua Parola, come è dolce l'ascoltare la voce di Colui che vi ama ed è con voi. La voce, noi l'ascoltiamo ... Tutta la nostra vita è piena di una voce dolcissima, di una Parola che continuamente risuona ai nostri orecchi e chiama per nome.
La nostra vita spirituale è veramente questo aprirsi dei sensi spirituali a una presenza reale, la presenza reale del Cristo. Sì, è vero, lo Spirito Santo è fedeltà, è gioia, è pace, ma è soprattutto questa presenza del Cristo, che si fa sempre più viva, più reale per noi; questa presenza del Cristo al quale lo Spirito Santo ci unisce sempre più intimamente, ora come un maestro col discepolo, poi come un amico, poi come un fratello, poi come uno sposo per divenire con lui un solo corpo, per vivere con lui una medesima vita.
Cristo nostro amore
Questa è la vita dello Spirito, questa unione ineffabile col Cristo, questa realtà di una presenza sua, questa nostra identificazione sempre più piena con Cristo Signore. Noi siamo portati dallo Spirito del Signore se veramente Gesù diviene sempre più vivo e reale per noi; e questa è la vita del cielo: una bellezza, una gioia, una purezza di amore che ci trasporta fuor di noi stessi; è come un'estasi continua la vita dello Spirito in noi, perché di fatto lo Spirito ci trasporta fuor di noi stessi in lui, ci fa vivere in Cristo.
Questa è l'azione dello Spirito, un aprirsi dei sensi spirituali, una esperienza totalmente nuova, che è l'esperienza di Dio, ma di un Dio fatto carne per me, non di un Dio nei suoi attributi essenziali, che potrebbe essere soltanto una contemplazione filosofica dell'Essere; un Dio che è tutto amore e mi ha scelto per sé, un Dio che è tutto amore e mi dona se stesso, un Dio che è tutto amore e mi unisce a sé, perché io viva con lui una medesima vita.
È ben altra la gioia che ci dona lo Spirito dalla gioia che nasce soltanto dalla superficialità di un'anima che non riesce nemmeno ad essere turbata, è ben diversa la fedeltà di un'anima a Cristo dalla fedeltà di un'anima a se stessa per testardaggine o per orgoglio; è ben altra la pace di un'anima che si sente amata da Dio, che riposa nelle braccia di Dio, dalla pace di un'anima che non si lascia turbare da nulla perché è come insensibile a tutto.
Altra è la pace di Dio, altra è la gioia di Dio, altra è la fedeltà di Dio: è la fedeltà, è la gioia, è la pace dell'amore, di un amore che non soltanto a noi si dona, ma in sé ci trasforma. E come Dio è veramente l'Amore che ci ama, così noi diventiamo l'amore che ama; trasformati da lui noi diventiamo amore, come Egli è l'Amore!
San Paolo ce lo ha detto: la carità di Dio, l'amore cioè, è diffuso nei nostri cuori per lo Spirito Santo che ci fu dato (cf Rm 5,5). Si tratta di vivere questo, e lo vivremo scartando tutto quello che dal Cristo ci allontana, tutto quello che ci impedisce di vederlo. Spesso siamo distratti non tanto dalle cose umane, quanto da noi stessi: ci guardiamo troppo allo specchio. Ma diceva già il libro delle Odi di Salomone, scritto nel primo secolo dell'èra cristiana, che il nostro specchio è Gesù! Se ci guardiamo in lui immediatamente vediamo che cosa ci manca; ma questo non ci impedirà di volgerci a lui, di guardare soprattutto a lui, di vederci in lui, in tal modo che ci dimentichiamo di noi stessi, per imparare come in lui dobbiamo trasformarci.
Spesso l'anima non fa che girare intorno a se stessa, invece di vedere Gesù. Se crediamo davvero abbandoniamo a lui i nostri peccati, abbandoniamo a lui le nostre miserie; egli le ha prese tutte: vuole da noi quello che siamo, e siamo soltanto miseria e povertà; ma egli ci dona se stesso, che è l'Infinito!
Guardiamo il Signore. Egli sia il nostro mondo. Dimentichiamo noi stessi, le nostre virtù come i nostri peccati; impariamo a vivere fuor di noi stessi la visione pura del suo Volto divino.
Dobbiamo far sì che lo Spirito Santo, trasportandoci fuori di noi stessi, ci faccia vivere in Cristo, in Cristo puramente, in Cristo soltanto, e tutto il nostro mondo per noi sia Gesù. Dovremmo arrivare a vivere quello che dice santa Teresa di Gesù: «Vivo in tale oblio di me stessa, che non ricordo nemmeno di esistere».
Impariamo dalla Vergine, viviamo in tale oblio di noi stessi, così rapiti dall'amore del Cristo da non vedere più che il Signore, da non amare più che lui. Questa deve essere in noi l'opera dello Spirito Santo.

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