Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente

lunedì 27 marzo 2017

Iota unum

Il fenomeno presente della denigrazione del passato della Chiesa ad opera di clero e laici fa da contrapposto con l’atteggiamento di fortezza e di fierezza che il cattolicesimo ebbe nei secoli passati di fronte ai suoi avversari. Si riconosceva infatti l'esistere degli avversari e persino dei nemici della Chiesa e i cattolici esercitavano insieme la guerra all’errore e la carità verso il nemico. E dove la verità impediva di difendere umani mancamenti la riverenza domandava di coprire le vergogne.
Rispetto e riverenza si originano dal sentimento di una dipendenza verso chi è in qualche modo principio a noi o dell’essere, come genitori e patria, o di un qualche beneficio nell’essere, come gli educatori. Se la Chiesa ha da morire a sé stessa e rompere con suo passato sorgendo in una nuova creatura, è manifesto che il passato non solo non ha da rivivere, ma anzi ha da staccarsi e ripudiarlo. Le medesime parole di rispetto e riverenza includono in sé l’idea di guardare indietro che non ha luogo per una Chiesa proiettata nel futuro e per la quale è la distruzione del suo passato la condizione per rinascere. Una certa pusillanimità nel difendere il passato della Chiesa, vizio opposto alla constantia pagana e alla fortezza cristiana, aveva già dato sintomi nel Concilio, ma la sindrome si sviluppò celermente. Tralascio quanto appare su Lutero, sulle Crociate, sull’Inquisizione, su san Francesco. I grandi Santi del cattolicesimo sono tirati ad essere precursori della novità o nulla.
La denigrazione della Chiesa è un luogo comune nei discorsi del clero postconciliare. Per circiterismo mentale combinato  con le accomodazioni del secolo.
Il vescovo mons. Ancel addossa alle deficienze della Chiesa gli errori del mondo moderno sostenendo che ai problemi reali “noi abbiamo fornito risposte insufficienti. Intanto, noi chi? Noi cattolici? Noi preti? Noi pastori? In secondo luogo è falso, nel sistema cattolico, che gli errori nascano per difetti di soluzioni soddisfacenti, perché essi coesistono sempre e ai problemi e alle soluzioni vere le quali, nelle cose essenziali al destino dell’uomo la Chiesa insegna perpetuamente.
E’ strano che proprio quelli che dicono che l’errore sia necessario per la ricerca della verità, dicano poi bustrofedicamente (contraddittoriamente) che la ricerca della verità sia impedita dall’errore.
Pierre Pierrard ripudia tutta la polemica sostenuta dai cattolici del XIX secolo affermando che quel passato della Chiesa era una negazione del Vangelo.
Nazzareno Fabretti (Gazzetta del popolo, 23 gennaio 1970) parlando del celibato ecclesiastico, grava di un’accusa criminale tutta la storia della Chiesa, scrivendo che verginità, celibato e sacrificio della carne “come sono stati imposti per secoli solo d’autorità senza altrettanta persuasione e possibilità oggettiva di scelta a milioni di seminaristi e di sacerdoti rappresentano uno dei maggiori plagi che la storia ricordi”. Mons. Martignoli, vescovo di Lugano, ritiene la religione responsabile del marxismo e che se i cattolici avessero operato altrimenti, il socialismo ateo non sarebbe venuto.
Il card. Garrone su L’Osservatore Romano (12 luglio 1979) afferma che: “se il mondo moderno è scristianizzato Cristo, non è perché rifiuti Cristo, ma perché non glielo abbiamo dato”.
Per il card. Lèger, arcivescovo di Montreal, affermava che in passato non c’era nel popolo cristiano fede vera.
Questa tesi accusatoria subentrata all’apologetica è superficiale perché suppone che la causa dell’errore di un uomo si trovi determinantemente ed efficientemente nell’errore di altri uomini negando così libertà e responsabilità personali. Applicando questo criterio accusatorio si viene ad addossare a Cristo stesso la responsabilità del rifiuto oppostogli dagli uomini, incolpandolo di non aver interamente dissipato il dubbio circa la sua divinità, di non aver adempiuto il suo dovere di salvatore del mondo.
La tesi accusatoria risente della superficialità accusatoria dei neoterici i quali epocato il dogma della predestinazione [in senso cattolico] non possono più cogliere né la profondità della libertà umana, fatta dipendere contraddittoriamente dalla altrui libertà, né dal mistero di redenzione.
Giovanni Paolo II ha ben mostrato la profondità di questo mistero. Il mistero cristiano è certo la nascita dell’uomo-Dio venuto nel mondo, ma identico mistero è che il mondo, sin dalla natività del Salvatore, non lo ha accolto, e continua a non accoglierlo. Il mistero della non-accoglienza del Verbo è il mistero profondo della religione ed è aridità religiosa quella che va a cercarne la causa nelle colpe della Chiesa. La predicazione miracolizzante del Cristo lasciò moltissimi nell’incredulità, molti nel peccato, tutti nella propensione al peccato. Forse che la redenzione fu monca per questo?
Un effetto paradosso della denigrazione storica della Chiesa è l’esaltazione sconsiderata della Chiesa primitiva (alla quale si pretende di attingere spirito e modi) presentata come comunità di perfetti, ispirata alla carità e praticante ad amussim (esattamente) i precetti evangelici.
E’ vero il contrario che la Chiesa fu in ogni tempo, una massa mista, di buoni e di malvagi. Le testimonianza cominciano da san Paolo: basta ricordare gli abusi dell’agape, le fazioni tra i fedeli, le defezioni morali, le apostasie nella persecuzione. L’esaltazione retrospettiva del cristianesimo precostantiniano, sulla quale poggiano le prospettive di rinnovamento della Chiesa, è storicamente infondata.  

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