Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente

martedì 23 aprile 2019

L’essenza del cristianesimo


di Gennaro Cangiano.

Quale è l’essenza del cristianesimo? In questi tempi pasquali è facile rispondere che tale essenza sia la fede in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, morto e risorto per la salvezza degli uomini. Tale definizione, che è dogmatica e come tale oggetto indiscutibile della fede del Cristiano, non basta però a comprenderne la reale portata. Non basta perchè, se si vuole davvero affrontare il mistero, è necessario prima capire cosa è l’uomo, cosa è Dio, da cosa l’uomo necessita di essere salvato e perché tale salvezza avviene così come avviene. L’enunciazione semplice del dogma non definisce gli oggetti che esplicita e, per questo, può risultare addirittura fuorviante. Cerchiamo quindi con ordine di addentrarci nel mistero, con la dovuta prudenza, procedendo alla progressiva purificazione dei concetti che utilizziamo per definirlo. 
L’uomo, come già descritto dalla filosofia classica greca, è un “animale razionale”; un animale cioè che si distingue dagli altri per il fatto di essere dotato di ragione. Tale razionalità, che non è un accessorio, ma è definitoria della stessa natura umana, risiede in una particolare facoltà umana che è il pensiero.
Il pensare, a differenza di quanto in molti hanno cercato di sostenere, non è una facoltà fisica, ma puramente spirituale. Non bisogna infatti confondere il pensiero con l’immaginazione, con la fantasia o con la memoria che invece sono facoltà ben distinte dal pensiero e di cui il pensiero può servirsi, ma non sono il pensiero. L’immaginazione ad esempio funziona per immagini, mentre il pensiero funziona per concetti. Se commetto l’errore di usare l’immaginazione e non i concetti ad esempio per definire Dio, allora la mia idea di Dio sarà costruita con le immagini che ho a disposizione e che necessariamente ricalcheranno il mondo materiale; crederò ad esempio di essere Cristiano, ma il mio Dio non sarà molto distante da Zeus. Le facoltà fisiche inoltre hanno tutte la caratteristica ben definita di non essere in grado di percepire se stesse. La vista, ad esempio, vede i colori e le forme, ma non vede se stessa e la stessa cosa vale per l’udito che ode i suoni ma non ode se stesso; il pensiero invece può pensare se stesso come atto in sè, posso cioè pensare di pensare. Questa parte di noi  puramente spirituale è quello che chiamiamo anima. Il pensare però ha anche un altra caratteristica particolare che lo distingue da ogni altra facoltà: è infinito. Contiene cioè in sè tutto il reale, esistente e possibile; provate infatti a pensare a qualcosa che sia al di fuori del pensiero e vi accorgerete che, pensandolo, esso non è affatto esterno ad esso. È escluso dal pensiero solo l’impossibile, vale a dire il non essere. Ad esempio non potrò pensare ad un cerchio quadrato, penserò infatti o ad un cerchio o ad un quadrato, perchè un “cerchio non cerchio” non è possibile. 
Quindi possiamo dire con la dovuta prudenza che l’estensione del pensiero è infinita. Si noti però che tale infinito non è un concetto spaziale, ma puramente qualitativo. Lo spazio infatti per definizione è il luogo occupato da un corpo ed implica quindi necessariamente la materia, il pensiero invece è puramente spirituale. A questo punto però una considerazione è necessaria e cioè: se l’infinito è Dio per definizione, ci ritroviamo di fronte ad un problema serio. Non possono infatti esistere due infiniti, perchè si limiterebbero a vicenda e non sarebbero per questo Infiniti. Si potrebbe allora sostenere, come molti, specie nella modernità, hanno fatto, che Dio non è altro che il pensiero umano, ma nemmeno questo è plausibile. Pur potendo infatti pensare il tutto, l’uomo non può conoscere tutto e questo è un limite che non è ammissibile in Dio. Pur potendo cioè pensare ad una qualsiasi cosa, non è affatto detto che quella cosa io la conosca; posso pensare ad esempio ad un televisore a cristalli liquidi, ma non so nemmeno cosa siano i cristalli liquidi, ne come possano trasmettere le immagini. Dio invece è immediata e perfetta conoscenza di tutto e di ogni singola cosa. Quello che possiamo però ammettere, pur con la dovuta prudenza, è che il pensiero umano non è estraneo a Dio. 
Pur restando cioè Dio distinto dalla sua creatura umana, questa ha in tale natura un ponte con Dio, un terreno comune dove incontrarsi, un giardino dove passeggiare insieme e, si badi bene, questo non è altro da Dio, ma è Dio stesso. Certo Dio non è riducibile a tale facoltà dell’uomo, essendo esso la perfezione assoluta dell’essere per se sussistente, ma, nello stesso tempo, l’anima dell’uomo, pur restandone distinta nella propria personalità individuale,  non è altro da Dio.
Questa condizione naturale evidentemente non è propria del Cristiano, ma dell’uomo in quanto tale; che cosa si intende allora quando si dice che l’uomo ha bisogno di essere salvato? Da cosa dobbiamo essere salvati se la condizione umana è già di unione, pur parziale, con Dio? 
Innanzitutto dal fatto che in quel giardino Dio non lo vediamo e non potremmo, visto che non vediamo che noi stessi. Si badi bene che l’uomo percepisce in questa condizione una mancanza, un vuoto, una specie di nostalgia e tende sempre e comunque a cercare di compensare in qualche modo, a cercare di colmare quel vuoto.
Lo riempie ad esempio con l’idea di Dio, ma l’idea di Dio non è Dio. Io non ho la capacità di vedere Dio per quello che è, semplicemente perchè non sono Dio e vedere l’assoluto nella sua essenza significa essere quell’assoluto. Da qui la religione, che per definizione è l’atto con cui l’uomo rende a Dio il culto che gli è dovuto, ma è comunque pur sempre un atto umano e come tale per definizione impossibilitato ad arrivare a colmare quel vuoto. 
Il cristianesimo però “non è una religione”. Anzi possiamo spingerci nel dire che il cristianesimo è l’esatto opposto della religione. Mentre infatti nelle religioni è l’uomo che si spinge verso Dio, nel cristianesimo avviene l’esatto contrario: è Dio che si mostra all’uomo e, nell’incarnazione, mostra anche all’uomo la sua natura. Nell’essere vero Dio e vero uomo di Gesù si manifesta quello che l’uomo aveva fino ad allora solo intuito di aver smarrito e che da sempre cercava di riottenere attraverso infinite pratiche religiose: Dio e l’uomo si incontrano di nuovo nella totalità di manifestazione reciproca.
In effetti la divinità di Gesù è la Verità più profonda ed intima dell’essere, ma resta comunque un ostacolo insormontabile; io infatti non sono Gesù e quell’unità uomo-Dio la vedo solo dall’esterno; ora so che esiste ed è vera, ma non mi riguarda, sono cioè ancora più o meno nella stessa condizione di prima, pur con un importante consapevolezza in più. Gesù però non è solo La Verità, ma anche la Via e, ancora una volta, è Lui stesso a percorrerla e non io. Se l’incarnazione mostra la Verità agli uomini la passione e la morte di croce mostra la Via: il sacrificio totale dell’umanità a Dio, la totale rinuncia ad ogni propria idea di Dio e dell’uomo, fino alla morte. La Resurrezione è la Vita stessa di Dio a cui gli uomini sono chiamati e che ora possono per grazia (cioè senza alcun merito) contemplare non dall’esterno, ma dallo stesso punto di vista di Dio; uniti a Cristo gli uomini sono figli di Dio, della stessa natura di Dio... sono Dio.
L’anima, che intuiva soltanto la propria infinità, ora si scopre partecipe della divinità. Questa non è ancora la beatitudine, la manifestazione perfetta e completa cioè di Dio nella sua totalità e nella sua eternità, ma è già oggi la condizione del cristiano in stato di grazia. Questa è l’essenza del cristianesimo: Dio si fa uomo perchè l’uomo divenga Dio.
Dice Sant’Agostino: “Tardi t’amai... tardi t’amai, perchè ti cercavo fuori di me, mentre tu eri dentro”.


Gennaro Cangiano

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