Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente

venerdì 24 marzo 2017

Verso la dissoluzione

Scrive Rosella de Leonibus in "La formula della felicità, psicologia del quotidiano":

 "Il punto è che mentre il benessere è una sensazione collegata alla percezione del presente, la felicità è tutta nel teatro della mente, è sempre il frutto di una elaborazione, è qualcosa che richiede una progettualità. E’ lo stesso identico problema che c’è nel sentimento depressivo: l’orizzonte del significato si chiude, il futuro non è più là davanti a me, sono schiacciato nel presente, e ciò non fa bene agli umani. La nostra società depressa non è malata del suo presente, è malata di mancanza di futuro. E’ malata della mancanza di una rappresentazione di futuro.
In questa ottica ci possiamo accorgere bene quanto siano corte le gambe (e lungo il naso) della “felicità obbligatoria”, dell’imperativo all’ottimismo e al sorriso che domina la comunicazione pubblicitaria e quella mediatica in generale. Sii giovane, bello, sii in forma, sorridente, abbi successo, e sarai felice. Provaci, tutti ci proviamo prima o poi, ma devi correre sempre, stordirti di stimoli, perché appena ti fermerai, o perderai un po’ terreno, quando per una ragione o per l’altra smetterai di sorridere, allora inevitabilmente la realtà assumerà un sapore molto amaro. La ricerca della felicità immediata e a buon prezzo distrugge la cattedrale nella nostra mente."


E' chiaro?  La ricerca della felicità immediata e a buon prezzo distrugge la cattedrale della nostra mente, riducendo l'uomo, sostanzialmente, al suo stato più istintivo: una bestia. 
Questo stato degradato dell'essere non è una condizione sempre osteggiata, anzi; spesso è costantemente ricercata, incuranti del fatto che la sua spasmodica ricerca comporti inevitabilmente la rinuncia alla propria umanità. In effetti è una dimensione che si sovrappone, combaciando in maniera perfetta, alla realtà odierna; non intendo però questa condizione come inconsapevole regressione infantile indotta mediaticamente e, la sua spasmodica ricerca, non è da confondere con la frivolezza della rappresentazione pubblicitaria, ma piuttosto è una mistica neognostica, come si esprime bene, ad esempio, nell'opera di Carlos Castaneda.
Nelle sue opere la narrazione degli insegnamenti sciamanici di don Juan si rivelano un vero e proprio percorso iniziatico verso la completa disumanizzazione; il dissolvimento progressivo del proprio essere nella condizione allucinata della propria animalità. Non a caso lo strumento utilizzato per il raggiungimento di tale stato è l'assenza di pensiero e la concentrazione assoluta e definitiva nel tempo presente; nessun ricordo del passato che non sia biologico, istintivo e nessun progetto futuro che, non esistendo ancora, necessita del pensiero per poter essere. Il risultato è lo stato animale che l'iniziato vive e non solo figuratamente.

«Basandosi sulle spiegazioni di questi Sciamani, don Juan dichiarò con estrema sicurezza che il silenzio interiore viene accumulato. Nel mio caso, si sforzò di guidarmi a costruire un nucleo di silenzio interiore nella profondità del mio essere, che avrei poi fatto crescere, istante dopo istante, ogni volta che lo praticavo. Mi spiegò che gli Sciamani avevano scoperto che ogni singolo individuo possiede una soglia diversa di silenzio interiore per quanto riguarda il tempo: ciò significava che il silenzio interiore prima di poter funzionare, dev'essere mantenuto da ciascuno di noi per tutto il tempo necessario a varcare tale soglia. Il silenzio interiore inizia ad agire nell'attimo stesso in cui cominci ad accumularlo. Gli antichi Sciamani volevano ottenere il risultato supremo, il raggiungimento cioè di quella soglia individuale di silenzio. (...) E tale risultato era ciò che gli antichi Sciamani chiamavano fermare il mondo, l'attimo in cui tutto ciò che ci circonda cessa di essere ciò che è sempre stato. Questo è il momento in cui gli Sciamani ritornano alla loro vera essenza. La definivano anche Libertà Totale. In quell'istante l'uomo-schiavo diventa l'uomo-essere-libero, con capacità percettive che sfidano il nostro pensiero lineare.» (Carlos Castaneda, "Il Lato Attivo dell'Infinito").

Si badi che tale 'stato' non è assolutamente, come si potrebbe credere, una condizione in cui la violenza o il sesso si danno a sfoghi sfrenati. Certo non lo esclude, come è d'altronde la condizione propria dell'animale, ma è piuttosto una dimensione dell'essere in cui ogni giudizio morale, ogni azione critica del pensiero sono sospesi... "Questo è il momento in cui gli Sciamani ritornano alla loro vera essenza. La definivano anche Libertà Totale. In quell'istante l'uomo-schiavo diventa l'uomo-essere-libero".
È sempre più chiara la strada davanti a noi; l'umanità al bivio ha tre possibilità di scelta. La prima, quella che sembra aver compiuto l'attuale società postmoderna, consiste nella regressione allo stato animale, alla rinuncia del pensiero come tratto identificativo dell'essere umano. In tale dimensione dell'essere l'uomo è ridotto ai suoi bisogni, in una continua ricerca di appagamento provvisorio, senza alcuna necessità di elevazione o di realizzazione esistenziale. E' appunto l'accamparsi sul bivio, senza sentire il dovere di scegliere una delle strade che sono davanti a noi; è il sancire definitivo dell'inalterità dell'essere umano rispetto all'animale e, in sostanza, la dichiarazione solenne dell'inutilità del pensiero se non come strumento atto al suo stesso dissolvimento.
Tratto da "l'umanità al bivio" di Gennaro Cangiano

Nessun commento:

Posta un commento

Post più popolari