Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente

giovedì 13 aprile 2017

La passione secondo Marco - seconda parte: il processo

di Gennaro Cangiano

Marco ci propone in modo sobrio ed essenziale, ma con una forza davvero straordinaria, il contenuto decisivo del vangelo, il centro di tutto: Gesù che è il Cristo, il Figlio di Dio. Gesù, alla domanda del sommo sacerdote, rispose «Io sono!». Ego eimi. Questo è il nome santo di Dio: Io sono. E’ così che Dio si è rivelato a Mosè, quando il roveto ardeva senza consumarsi (Es 3,1-6). Sullo sfondo della pagina evangelica c'è proprio il racconto del roveto che brucia e non si consuma. Dinanzi alla vampa, illuminato dalla luce che quel fuoco proietta attorno a sé, Pietro è venuto meno, ha perso il volto (lo copre con il mantello); Gesù risponde: Io sono. Qui conviene inserire un pronome personale con una doppia citazione, il Sal 110 e Dn 7: Il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo. E’ un commento a quello che Gesù ha affermato: il centro del centro del centro è : Io sono. Tutta la catechesi evangelica ruota attorno a questa rivelazione della santità di Dio: il Dio vivente arde come fuoco, brilla come luce, è presenza che ci attrae, che ci assorbe in sé, che ci brucia e ci illumina, è sorgente inesauribile di una vita nuova, a cui noi ci accostiamo, incerti, titubanti, a cui noi ancora non riusciamo a dare credito, perché siamo in fuga, come le pecore sbandate, perché abbiamo perso il contatto con l'Agnello, perché non ci siamo resi conto che proprio quell'Agnello era il pastore, perché abbiamo perso la faccia insieme con Pietro.
Ebbene: Io sono. Il sommo sacerdote si straccia le vesti. "Tutti sentenziano che è reo di morte. E alcuni cominciarono a sputargli addosso a coprirgli il volto, a schiaffeggiarlo e a dirgli: "Indovina". Lo stanno insultando; in realtà debbono coprirgli il volto, glielo devono nascondere, non lo vogliono vedere, si rifiutano di guardarlo in faccia, non possono guardarlo. Mosè ha visto la fiamma del roveto che arde senza consumarsi, noi vediamo l'immagine di un volto abbruttito, reso orribile perché disprezzato, oggetto di tutta la violenza umana che rifiuta di guardarlo. Eppure quel volto arde come la vampa del roveto: Io sono. E’ Dio che si rivela a noi, è il vivente che si piega su di noi, che si prende cura di noi, che si ricorda di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, che ha ascoltato il grido di coloro che dimorano in Egitto: Io sono. Là dove la presenza del Figlio subisce il rifiuto più spietato e più subdolo, essa risplende in una luce che trascina.  Eccola la folla; quella che Gesù dall'inizio cercava di evitare quanto poteva. Il sinedrio ha quello che voleva, ma preferisce che siano i romani a fare il lavoro sporco. Pilato non è stupido, ha compreso perfettamente che Gesù è un innocente scomodo per la casta sacerdotale. Ma come tutti gli uomini di potere è un burattino nelle mani del potere stesso. Sa che se non accontenta il Sinedrio lo accuseranno di essere stato debole con un nemico di Cesare e questo può costargli la posizione. Gesù sarà pure innocente, ma per Pilato la sua vita non vale tutti i suoi privilegi. Pilato insiste ma ‘quelli’, cioè sacerdoti e folla, gridarono di nuovo «crocifiggilo!» e ancora, ancora più forte, «crocifiggilo!». E Pilato dà soddisfazione alla folla. Non importa se è un’ingiustizia, se viene torturato e ucciso un innocente; ciò che conta è mantenere il suo potere con il minor fastidio possibile. E la coscienza? Sta con la verità, e Pilato non sa cosa sia la verità. I soldati conducono Gesù nel Pretorio, all’interno del palazzo del governatore, e convocano l’intera coorte, cioè tra i 500 e i 1000 uomini. Loro probabilmente non avevano nemmeno mai sentito parlare di Gesù eppure si accaniscono su di lui. Dopo averlo flagellato, vestono Gesù di porpora, gli mettono sul capo una corona di spine e iniziano a deriderlo e a insultarlo. Questo è uno spettacolo per il potere e tutti i suoi sottomessi recitano, come marionette, la loro parte grottesca: è una tragedia ma ne fanno una comica, esclusivamente per rendere omaggio ai loro capi. In obbedienza al potere. L’obbedienza è quanto di più lontano ci possa essere dal pensiero di Dio. Statene lontani. Se devi obbedire è perché in quella cosa tu non ci credi. Ma la fede è credere, non obbedire. Essere come Dio, somiglianti a Lui, non fare quello che dice Dio. “Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi” (Gv 15, 15). L’unico comando che ci ha dato Gesù è il comandamento nuovo. Il termine ‘nuovo’ è in greco ‘kairos’ che non significa ‘ultimo arrivato, aggiunto’, ma ‘migliore, che sostituisce il precedente’. L’unico comandamento che Gesù ci ha dato, fa piazza pulita di tutti i precedenti e chiede di obbedire all’amore. E’ l’unica obbedienza che Egli stesso ha osservato. Gesù non è mai stato obbediente, mai, nè verso i sacerdoti nè verso alcuna autorità. I Vangeli sono pieni di “disobbedienza”, certo non fine a se stessa. Gesù ha disobbedito alla menzogna perché conosceva la verità e ha obbedito solo all’amore. Ma si può obbedire ad un simile comando? Potrebbe mai anche la più autorevole autorità, comandarvi di amare? ‘Al cuor non si comanda’, dice il proverbio, ed è assolutamente vero. Se nel cuore non c’è amore non lo si può inventare. Ma è altrettanto vero che “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito santo che ci è stato dato” (Romani 5, 5). Quindi l’amore c’è, dobbiamo decidere se usarlo o meno.

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