Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente

domenica 9 aprile 2017

Martirio

Egitto - Attentati in Chiesa nella domenica delle palme (9 aprile 2017)
Nella prima lettera di Pietro si legge (1 Pt 4, 12-19):

12Carissimi, non siate sorpresi per l’incendio di persecuzione che si è acceso in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano. 13Ma nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. 14Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito della gloria e lo Spirito di Dio riposa su di voi. 15Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida o ladro o malfattore o delatore. 16Ma se uno soffre come cristiano, non ne arrossisca; glorifichi anzi Dio per questo nome. 17È giunto infatti il momento in cui inizia il giudizio dalla casa di Dio; e se inizia da noi, quale sarà la fine di coloro che rifiutano di credere al vangelo di Dio?
18E se il giusto a stento si salverà, che ne sarà dell’empio e del peccatore? 19Perciò anche quelli che soffrono secondo il volere di Dio, si mettano nelle mani del loro Creatore fedele e continuino a fare il bene.

Questo di Pietro è un brano da capire bene... Proviamo ad analizzarlo versetto per versetto:

v. 12. Carissimi, non siate sorpresi per l’incendio di persecuzione che si è acceso in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano Questa situazione di per4secuzione non deve apparire al credente come un qualcosa di strano e di difficilmente comprensibile, che sconcerta e confonde (Mt 5,10-11). La scelta di essere totalmente per Cristo non è comoda, non porta in tasca del denaro e applausi, al contrario pone di fronte a difficoltà, incomprensioni, persecuzioni. Lui stesso l’ha preannunciato più volte ai suoi. Qui la sofferenza ingiusta è paragonata al fuoco. Il fuoco non è soltanto immagine del dolore da sopportare, ma anche fattore di purificazione da esso attuata (cfr 1,7).
v. 13. Ma nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi. Cristo ha sofferto, e i cristiani, con la loro sofferenza partecipano ai suoi patimenti e per questo parteciperanno anche alla sua gloria quando Cristo si manifesterà (1,7). Le sofferenze patite per la fede sono una koinonia, una comunione con le sofferenze di Cristo. La differenza tra assimilazione e partecipazione è sostanziale: l'essere assimilati a Cristo nelle proprie sofferenze significa che le nostre sofferenze ci ricongiungono a Cristo sofferente che diventa un parametro di confronto e di stimolo morale. Partecipare- comunicare alle sofferenze di Cristo, invece, significa che non esistono due tipi di sofferenza, la nostra e quella di Cristo, bensì esistono soltanto le sofferenze di Cristo che noi condividiamo. Siamo un unico corpo direbbe Paolo che sulla via di Damasco sentì il Cristo ammonirlo: Saulo perché mi perseguiti? Non è più lui, il cristiano che soffre da solo, ma Cristo soffre con lui e in lui.
Da qui l’invito paradossale: “rallegratevi” «cháirete»; quello che è l’imperativo abituale come saluto greco diventa un imperativo teologico di altissimo livello: rallegratevi, esultate, perché siete in comunione con la passione di Cristo cosicché nella sua rivelazione [apocalisse] parteciperete alla gloria della sua risurrezione.
v. 14. Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, La sofferenza è l’essere oltraggiati nel nome di Cristo, come Cristo venne oltraggiato nella sua passione (Mt 5,11).
La beatitudine della sofferenza consiste nel fatto che lo Spirito della gloria e di Dio si posa sui perseguitati (cfr 1 Sam 8,21; Is 60,1-7; Ag 2,7). perché lo Spirito della gloria e lo Spirito di Dio riposa su di voi: si è come Cristo sul quale riposa lo Spirito di fortezza nel momento del Battesimo. È questa una espressione tecnica ripresa da Isaia 11: il virgulto della radice di Jesse spunterà e su di lui si poserà lo Spirito del Signore. In greco quel verbo “posarsi” è tradotto con “riposarsi”; qui il verbo viene applicato ai cristiani. Lo Spirito della gloria e lo Spirito di Dio si riposa perché trova dove posarsi.
v. 15. Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida o ladro o malfattore o delatore. Il patire per amore di Cristo è glorioso. Ma non deve mai accadere che il cristiano venga perseguito giudizialmente e punito per cattiva condotta. Ciò non avrebbe alcuna gloria, anzi...
v. 16. Ma se uno soffre come cristiano, non ne arrossisca; glorifichi anzi Dio per questo nome. È la prima volta che si formula un discorso così chiaro: soffrire “come cristiani”«hos Christianòs» (Non è molto comune l’aggettivo “cristiano”; nel Nuovo Testamento ricorre solo tre volte). Il cristiano può soffrire gloriosamente e gioiosamente solo a causa del suo nome di cristiano. Egli perciò non deve vergognarsi di questo nome (Mc 8,38). Se sarà accusato o condannato in quanto tale, dovrà piuttosto glorificare Dio.
v. 17-18. È giunto infatti il momento in cui inizia il giudizio dalla casa di Dio; e se inizia da noi, quale sarà la fine di coloro che rifiutano di credere al vangelo di Dio? 18E se il giusto a stento si salverà, che ne sarà dell’empio e del peccatore? questi vv. chiudono il cap. 4 e si aprono con un aggancio al v. 4,7 e lo completano, chiudendo definitivamente il tema della sofferenza quale segno dei tempi escatologici in cui si pone il giudizio divino sugli uomini; Le sofferenze generalizzate sono un segno che preannuncia l’imminente fine dei tempi ed hanno la duplice finalità di distruggere il male e di purificare l’umanità che da esso è infetta, predisponendola a ricevere più degnamente il Signore che viene. Ora il cristiano può comprendere meglio la sua sofferenza se avrà capito che è giunta l’ora del giudizio del mondo, e che questo giudizio incomincia dalla casa di Dio, dalla chiesa (2,5). Ecco allora il « kairòs » (),il momento giusto, l’occasione buona. Dal momento in cui Dio si è fatto uomo, dal momento in cui Dio è entrato nella storia, ogni tempo è diventato kairòs, ogni occasione è quella buona. Il kairòs è « enghùs »,il tempo è vicino, anzi è già presente. Il giudizio — inteso come verifica, valutazione e punizione — comincia da noi che siamo la casa di Dio; ma allora quale sarà il fine (o la fine) di quelli che invece rifiutano il vangelo, la bella notizia di Gesù? La conferma di questa idea viene fatta con una citazione dal Libro dei Proverbi (11,31) citato secondo il testo della LXX: se il giusto si salverà a stento, che ne sarà del peccatore? Ma il giusto chi è? Non ce n’è neanche uno di giusto, sono tutti peccatori, tutti hanno traviato. L’unico giusto è il Cristo, l’Unico giusto è il Figlio di Dio. E lui si salva? Sì, attraverso la croce. Allora, se accettiamo di essere come il Cristo, diventa comprensibile che anche noi passando attraverso la prova, con lui e da lui saremo salvati.
v. 19. Giungiamo quindi, la conclusione del v.19: "Perciò anche quelli che soffrono secondo il volere di Dio, si mettano nelle mani del Creatore fedele e continuino a fare il bene" (4,19). Il testo greco più significativamente dice: "Così anche coloro che soffrono secondo la volontà di Dio, offrano le loro anime al Creatore fedele nel fare il bene (lett. in un'opera buona)". anche il credente, proprio nella sua sofferenza provocata dal suo compiere il bene, diventa partecipe dell'unico sacrificio di Cristo (Fil 2,8). Il soffrire secondo la volontà del Padre non deve far pensare ad un Padre sadico, che gode nel far soffrire i propri figli, bensì dice il conformarsi del credente al progetto salvifico del Padre, che prevede la morte della vecchia creazione adamitica e la rigenerazione di cieli nuovi e terra nuova. Ed è proprio a causa di questo parto che si produce la sofferenza (Rm 8,22-23). Questa sofferenza nel fare il bene, che dice il compiersi lento e graduale dei cieli nuovi e della terra nuova, in virtù del nostro sacerdozio, diventa offerta redentiva e rigenerativa al Padre Creatore fedele, rimandandoci al primo capitolo della Genesi (Gen 1,1,). Solo qui, nel Nuovo Testamento, Dio è detto il Creatore "fedele". E Dio è detto creatore per assicurare che egli, avendo creato la vita, sempre egli la protegge da ogni pericolo e la conserva. Perciò anche quelli che soffrono secondo il volere di Dio, si mettano nelle mani del loro Creatore che è fedele e continuino a fare il bene.

Le parole di Pietro valgono in ogni persecuzione; questa è una grazia che ci pone in comunione con Cristo. Le nostre sofferenze e prove se accolte alla luce del mistero della Pasqua ci uniscono intimamente a lui. Contemplo e invoco lo Spirito di fortezza per tutti quei cristiani che in varie parti del mondo soffrono per la fede.
Le sofferenze, unite a quelle di Cristo, salgono quale sacrificio gradito offerto a Dio, Padre Creatore. Esse diventano energia spirituale seppur nascosta da cui sgorga la nuova creazione, il mondo nuovo e di cui la chiesa è la primizia, testimone nel mondo dei cieli nuovi e della terra nuova, inaugurati dal Cristo morto-risorto.
La perseveranza nella prova e nella persecuzione non deriva dal nostro coraggio e forza d’animo, ma riposa nella certezza che Dio è fedele, che non si dimentica di nessuno di noi, non ci abbandona, ma ci è accanto infondendoci la forza del suo Spirito.

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