Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente

lunedì 26 dicembre 2022

Metànoia

 


"Colui che era fin da principio, colui che noi abbiamo udito, colui che abbiamo veduto con i nostri occhi, colui che contemplammo e che le nostre mani hanno toccato, cioè il Verbo della vita – poiché la vita si manifestò e noi l’abbiamo veduta e ne diamo testimonianza e vi annunziamo questa vita eterna che era presso il Padre e che si manifestò a noi – colui che abbiamo veduto e sentito lo annunziamo a voi, affinché anche voi abbiate comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo.” (1Gv 1,1-3).


Cosa festeggiamo a Natale? La risposta potrebbe anche risultare banale se ci limitassimo a quello che immediatamente ci viene in mente: la natività di Gesù… ma non è questa la domanda a cui chiedo di rispondere. Quello che intendo chiedere è se, al di là dell’abitudine, della tradizione, del consumismo e anche al di là di quello che fin da bambini pensiamo di aver capito, ci sia una reale comprensione del senso delle cose. 

Intanto festeggiamo o celebriamo? Tutti festeggiano in realtà qualcosa di cui non hanno la benché minima idea… La festa vive di vita autonoma, in una parodia in cui il festeggiato non è nemmeno invitato; anzi per molti il festeggiato non esiste. Eppure festeggiamo e, a ben vedere, anche chi celebra sembra  non sapere bene quello che fa.

La verità è che stiamo parlando di un evento la cui portata metafisica è talmente enorme da sfuggire alla mente di noi poveri uomini; qualcosa che dovrebbe essere contemplato e meditato continuamente, invece di darlo superficialmente per scontato; eppure nessuno sembra reggere tale contemplazione. 

Come chi fissa il sole direttamente deve distogliere lo sguardo, così chi si sofferma in tale contemplazione deve abbassare gli occhi per non vedere la propria vita stravolta, le proprie convinzioni svuotate. Eppure il solo modo di comprendere quello di cui parliamo è proprio questo: la “μετάνοια” (metànoia), parola greca che letteralmente significa “oltre l’intendere”, “oltre il pensare” e che noi traduciamo abitualmente con “conversione”; parola che ha subito una tale svalutazione di significato che non ne comprendiamo più il senso spirituale e metafisico, l’unico che in realtà ha sempre avuto. Che cosa c’è oltre l’intendere e oltre il pensare? Oltre l’intendere c’è quello che non è nella nostra possibilità di conoscere (conoscenza: “γνῶσις”, “gnosi”) e che non è alla portata del pensiero; vale a dire non è concettualizzabile, ma è totalmente trascendente, totalmente altro da ogni possibile idea… Oltre l’intendere e oltre il pensare c’è solo l’intuizione, che non è frutto di procedimento razionale, ma puramente ispirato. Mentre il pensiero si manifesta in concetti traducibili in parole, l’intuizione si manifesta come inesprimibile se non in maniera simbolica (συμβάλλω, siumballo: “mettere insieme”, “accostare analogicamente”) e tale simbologia non è affatto casuale, ma è profondamente connessa alla natura stessa dell’essere: tutto è simbolo di qualcosa di più elevato e trascendente. Il significante rimanda ad un significato che lo trascende, lo supera e rivela la realtà dietro il velo della molteplicità e divenienza dell’essere. In due soli casi il significante ed il significato coincidono; in due soli casi cioè il simbolo rivela in se stesso la realtà del proprio significato profondo, fino a permetterci di intuire che è il senso stesso della realtà che si manifesta in maniera palese e non analogica: il primo caso è la nascita di Gesù a Betlemme, il secondo è l’evento del Calvario, Gesù crocifisso. Dal manifestarsi nella storia di tali eventi, ogni bambino che nasce rimanda analogicamente a Betlemme e ogni uomo che muore rimanda al Calvario; il significato di ogni nascita e di ogni morte, il senso dell’esistenza stessa di ogni essere umano è Dio. Tale manifestazione ha il potere di portare a compimento ogni sforzo religioso e spirituale dell’umanità in una maniera inconcepibile, se non ai profeti della tradizione ebraica. Le tradizioni non cristiane, che intravedono una verità incompleta, velata, talvolta distorta, in Cristo trovano anch’esse un senso inedito e nella tradizione cristiana (cattolica innanzitutto) la sintesi più completa.Il mistero nascosto dai secoli eterni si manifesta agli uomini di ogni tempo, che si ritrovano ad essere essi stessi simbolo e significante di una realtà giacente in una mangiatoia, davanti a cui le uniche scelte possibili sono l'adorazione o la fuga. Cosa sono le luci, la festa, il cibo, i regali… adorazione o fuga? Come si può contemplare il mistero, intuirne la portata esistenziale e continuare la vita di sempre? Come se il significato a cui rimanda la nostra stessa esistenza non esistesse, come se fosse realmente possibile sottrarsi ad esso, riducendo l'evento centro e senso della storia ad occasione conviviale che non intacca il nostro essere. E' possibile invece non intendere, vivere la propria esistenza sempre sulla superficie di una realtà rassicurante perché finta, senza mai voler comprendere per davvero il senso di noi stessi, ignorando chi siamo e l'abisso verso cui siamo diretti. Allora le luci, il cibo, la festa, il consumismo tipico del periodo natalizio non sono altro che un velo steso su quello che non vogliamo vedere; quello stesso velo del tempio che si squarció per l'evento del Golgota, esponendo alla vista il Santo dei Santi, lo abbiamo rammendato con cura, perché tornasse a nascondere la realtà dietro una sua rappresentazione accomodante, che non ci imponesse la messa in discussione di noi stessi. Quelle stesse luci, la festa, il cibo, le famiglie riunite sono invece luce che emana dal Santo dei Santi, ormai svelato, per chi si abbandona all'adorazione, senza fuggire, ma invece inginocchiandosi dinanzi al mistero dell'essere che si rivela. Gennaro Cangiano (M. I.) 

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