Quando ho cominciato a curare questo blog, mi sono proposto di mantenere i temi trattati quanto più possibile slegati da particolarità territoriali o etniche, cercando di approfondire invece temi del cristianesimo che fossero universalmente riconoscibili, indipendentemente dalla provenienza o dalla cultura di chi avrebbe poi letto i vari interventi. Chi mi conosce sa quanto sforzo io debba fare per non esternare sempre e comunque la mia napoletanità... ebbene oggi faccio uno strappo a tale regola che mi sono dato per parlarvi della Basilica del Carmine maggiore di Napoli, capolavoro di arte barocca e non a caso oggi che la Chiesa celebra la Madonna del Carmelo.
A Napoli, si sa, si coltivano molte devozioni popolari complementari al culto cattolico che, a differenza che in altri territori della penisola, resistono qui vive e vitali; solo due però sembrano essere sovrastanti su tutte le altre: quella a San Gennaro e quella alla Madonna del Carmine. Io stesso sono una sintesi di esse, chiamandomi, appunto, Gennaro ed essendo laico carmelitano come centinaia di migliaia di persone a Napoli. Entrambe le devozioni sono molto antiche ed entrambe hanno una storia infinita di miracolosi eventi da raccontare. Quella al santo patrono della città è sicuramente la più conosciuta, grazie alla liquefazione del sangue del santo che avviene ogni 19 settembre (ma non solo... Il miracolo del sangue in realtà avviene tre volte l'anno); mentre gli eventi eccezionali legati alla devozione alla beata vergine del Carmelo sono meno conosciuti al di fuori dei confini della città ed è su uno di essi che intendo soffermarmi, avvenuto a cavallo tra il XIV ed il XV secolo e che vede protagonista un crocifisso ligneo ancora oggi ammirabile nella basilica del Carmine maggior di Napoli. Il teatro degli eventi è l'assedio di Napoli, allora governata dagli angioini, da parte di re Alfonso d'Aragona. L'esercito aragonese stringeva Napoli in una morsa di bombardamenti da terra e da mare e gli angioini, per difendere il porto della città, avevano piazzato numerose bombarde in punti strategici, compreso il campanile della basilica del Carmine che sovrasta ancora oggi via marina (oggi si chiama via Vespucci, ma per i napoletani è sempre via marina). Gli assedianti, al comando del fratello di re Alfonso, detto l'infante, decisero di aprire il fuoco contro la Chiesa, contravvenendo in questo all'ordine del re di non colpire Chiese o conventi. Dalla bombarda aragonese denominala "la messinese" partì un colpo che sfondò il tetto della basilica e si diresse alla testa del crocifisso che era alle spalle dell'altare maggiore e che, miracolosamente, si piegò su un lato, evitando il proiettile che si conficcò al lato della testa invece di colpirlo in pieno come avrebbe dovuto. Crocifisso e proiettile sono ancora oggi presenti così nella stessa chiesa, anche se in una locazione diversa dall'originale. Il giorno dopo dei fatti narrati la bombarda denominata "la pazza", piazzata dai difensori sul campanile del Carmine, sparò un proiettile che andò a decapitare l'infante fratello di re Alfonso. Dopo un lungo assedio gli Aragonesi riuscirono ad entrare a Napoli conquistandola e Alfonso d'Aragona si recò, prima ancora di essere incoronato re di Napoli, alla basilica del Carmine a chiedere perdono in ginocchio per quello di cui si erano macchiati i suoi soldati sparando sulla basilica. Gli eventi legati all'ingresso degli Aragonesi a Napoli furono poi, per ordine dello stesso Alfonso, immortalati in bassorilievo nella facciata che fu aggiunta al maschio angioino e che oggi è considerata tra le maggiori opere del rinascimento.
Il crocifisso ligneo fu da allora oggetto di una profonda devozione popolare, insieme all'immagine della Vergine bruna (Mamma Schiavone per i napoletani); tenuto velato per la maggior parte dll'anno infatti, lo si svela nel periodo pasquale e nel periodo concomitante la festività in onore della Beata Vergine del monte Carmelo il 16 luglio.
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