Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente

martedì 3 ottobre 2017

Alcune considerazioni sulla "Correctio filialis"

di Gennaro Cangiano. 

Nelle ultime settimane è stato reso noto un documento, sottoscritto da una sessantina di personalità cattoliche di tutto il mondo, in cui si evidenzia al Santo Padre regnante il clima determinatosi nell'ambito del cattolicesimo dopo la pubblicazione dell'esortazione apostolica post sinodale "Amoris Laetitia". Il documento, sotto forma di lettera, è indirizzato al Papa direttamente ed è titolato significativamente "Correctio Filialis". In esso si evidenziano sette eresie che, a detta dei firmatari ed a partire da atti scritti e dichiarazioni del Papa, si stanno diffondendo nella Chiesa cattolica in materia di morale familiare e prassi sacramentale. Tale affermazione è corredata della documentazione a sostegno e sviluppata con argomentazioni attente.
Non mi soffermo nell'illustrare nello specifico il contenuto della lettera, chi fosse interessato può trovare in rete sia il testo integrale che le motivazioni che hanno mosso i firmatari; preferisco invece riflettere su un'altro fenomeno che si è reso evidente, in particolare nelle argomentazioni di chi si è espresso contro di esso e mi riferisco all'assenza sostanziale di buona parte del merito delle questioni esposte. Le contestazioni mosse alla lettera in oggetto possono infatti sintetizzarsi nelle seguenti:

  1. I firmatari sono tradizionalisti che non si rendono conto della necessità di adeguare la prassi ecclesiale all'umanità di oggi, restando fermi in una logica preconciliare ormai anacronistica ed abbandonata dalla Chiesa già da prima di Papa Francesco;
  2. I firmatari peccano di superbia nel voler dire loro al Papa quale debba essere la giusta dottrina e la corretta prassi ecclesiale, mentre invece è su Pietro che Cristo fonda la sua Chiesa e non su qualunque teologo in giro per il mondo;
  3. I firmatari dimenticano l'azione dello Spirito Santo che è garanzia della guida pietrina nella Chiesa;
  4. I firmatari si comportano come gli scribi e i farisei che ritenevano le regole e lo scritto più importante della carità e dell'inclusione, escludendo dalla salvezza chi non ritenevano correttamente osservante i precetti;
  5. I firmatari non capiscono che è la misericordia il cuore del messaggio cristiano, principio che Papa Francesco ha posto come caposaldo della sua azione pastorale.


Tralasciando gli attacchi personali ai singoli firmatari, che si sono visti in giro per il web, tentiamo di analizzare i punti indicati e verifichiamo la sostenibilità delle obiezioni.

Sul primo punto una domanda sorge spontanea: che significa adeguare la prassi ecclesiale all'umanità di oggi? Ammettere la possibilità, per un divorziato risposato, pur eccezionalmente, di accedere al sacramento dell'Eucarestia, significa cambiare semplicemente la prassi o significa invece modificare la dottrina dettata direttamente da Cristo nel Vangelo in materia di matrimonio ed adulterio? L'adulterio è o no un peccato mortale? In quali casi non lo è? E se lo è, in quali casi è possibile accedere alla Santa Eucarestia pur essendo in peccato mortale? Come si vede il problema non sta nell'ammettere o meno delle possibili eccezioni, ma che anche la singola eccezione apre alla messa in discussione della definizione stessa di peccato e di sacramento, arrivando a sostenere l'esatto contrario dell'insegnamento evangelico a cui gli uomini di tutti i tempi sono invece chiamati ad uniformarsi, senza pretendere che sia il Vangelo ad adeguarsi agli uomini.

Il secondo punto invece è frutto di una superficiale lettura del passo evangelico a cui si fa riferimento. La pietra su cui Cristo fonda la sua Chiesa infatti non è Simone, ma la sua professione di fede "tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente"; il suo nome cambierà in Pietro a testimonianza di quella professione e del mandato di confermare in essa i suoi fratelli, ma il fondamento della Chiesa è Cristo e non il Papa e qualora un papa devi dalla sua missione, come è già successo nella storia, il fondamento della Chiesa resta immutabile in Dio stesso.

Il terzo punto lascia trasparire una convinzione pericolosa e cioè che il Papa sia assistito sempre e incontestabilmente dallo Spirito Santo in ogni sua azione e non soltanto quando ex cathedra (si noti che nella lettera correctio filialis non si fa nessun riferimento ad un atto del papa riconducibile ad un pronunciamento ex cathedra). Praticamente, secondo questa convinzione, il Papa sarebbe l'incarnazione dello Spirito Santo; un altro Cristo... Questa sì che è un eresia bella e buona!

Sul quarto punto ci sono due osservazioni da fare. La prima è che gli scribi e i farisei erano coloro che detenevano il potere religioso in Israele ai tempi evangelici e quindi, se parallelismo ci deve essere, esso dovrebbe portare all'identificazione di essi in chi oggi detiene quel potere e non nei fedeli che ne contestano l'azione. La seconda è che chi muove le contestazioni agli scribi e i farisei è Cristo, superando la legge antica, fatta di precetti umani ed inaugurando la nuova era cristiana in cui è Dio stesso la Via, la Verità e la Vita. Esattamente come quando proclama il superamento del ripudio e la condanna assoluta dell'adulterio.

Il quinto punto è chiaramente basato sul fraintendimento della parola misericordia. Non esiste infatti la misericordia in assenza della colpevolezza di chi ne è il destinatario, perchè non si può essere misericordiosi con chi non è colpevole. Inoltre non può esistere misericordia in assenza di un cambiamento di vita e dell'impegno ad evitare il peccato che ne è stato oggetto, altrimenti il peccato resta e la misericordia di fatto non c'è stata. Considerarla un dono incondizionato e indipendente dalla condanna di una colpa, significa negare la misericordia e non affermarla.

A conclusione di questa breve ed incompleta analisi voglio ricordare la figura di Sant'Atanasio ai tempi in cui l'eresia ariana prese di fatto il controllo della Chiesa fino ai suoi massimi vertici. Solo lui e una piccola comunità, i vescovi dell’Egitto e della Libia seppero mantenere accesa la luce della fede ed è significativo che colui che combatté da solo contro l’eresia ariana non fu mai un teologo. La sua grande sapienza teologica, più che dagli studi, gli venne dall’incontro con i suoi maestri cristiani che testimoniarono il martirio durante le persecuzioni di Diocle­ziano e soprattutto dall’incontro con il grande sant’Antonio. Ario, invece, raccoglieva grande consenso per la sua grande preparazione biblica e teologica. Era insomma come tanti teologi che oggi vanno per la maggiore nei dibattiti, nelle prime pagine dei quotidiani e nei talk-show televisivi. Atanasio però sapeva quanto qui stesse l’insidia del demonio. Nella sua celebre Vita di Antonio egli riporta un insegnamento del suo grande maestro: «[...] i demoni sono astuti e pronti a ricorrere ad ogni inganno e ad assumere altre sembianze. Spesso fingono di cantare i salmi senza farsi vedere e citano le parole della Scrittura. [...]. A volte assumono sembianze di monaci, fingono di parlare come uomini di fede per trarci in inganno mediante un aspetto simile al nostro e poi trascinano dove vogliono le vittime dei loro inganni».

Nessun commento:

Posta un commento

Post più popolari