di Gennaro Cangiano.
Che cosa è il sacrificio? Non intendo il concetto nel suo significato derivato, come quando diciamo noi di fare i sacrifici per i nostri figli ad esempio, ma nel suo significato originario. Perchè cioè gli uomini, da sempre, hanno sentito la necessità di sacrificare alla divinità? Per ingraziarsene i favori? Potrebbe essere, ma risulta un interpretazione abbastanza grossolana del concetto, che merita invece una raffinatezza di ragionamento che immediatamente testimonia alla nostra ragione un significato diverso e infinitamente più profondo e vero. Anche nel significato derivato di cui parlavo all’inizio risulta evidente infatti che nessuno si sacrifica per i propri figli per ingraziarseli, ma per un atto dovuto, un dovere profondamente sentito da ogni genitore e che risulta intrinsecamente inscindibile dall’amore che si prova per essi. Quindi come si può definire il sacrificio nel suo significato originario? Come un atto di giustizia.
La giustizia è un concetto nient’affatto estraneo al sentire umano, anzi sembra essere quasi costitutivo della ragione, indipendentemente dal grado di cultura che l’uomo possa vantare di avere. Proviamo a fare un esempio. Se vado dal giornalaio e chiedo un quotidiano, giustizia vuole che debba all’edicolante il denaro sufficiente a pagarlo; è come, cioè, se io rendessi all’edicolante lo stesso giornale che lui mi ha dato, solo che lo faccio con del denaro che rappresenta il valore esatto del quotidiano; questo è un atto che definiamo giusto o di giustizia. Se torniamo al rapporto che l’uomo ha con Dio, riflettiamo a questo punto sul fatto che l’uomo riceve da Dio l’essere. Come può l’uomo rendere a Dio quello che ha ricevuto, così da compiere un atto di giustizia? Non può. Dovrebbe completamente rinunciare al proprio essere ed annientarsi. Si moltiplicano allora, nella storia e nelle culture, i tentativi di sopperire a tale impossibilità; con il sacrificio ad esempio di beni propri primari, come si usava fare con il sacrificio degli animali che erano fonte di sostentamento per la propria esistenza, ma nessuno sarebbe mai stato in grado di colmare il vuoto incolmabile di valore che c’è tra un proprio bene e la propria esistenza. Anche nelle culture in cui si praticavano i sacrifici umani questi dovevano essere ripetuti periodicamente, perchè si trattava sempre dell’esistenza altrui e non della propria o di quella della comunità. Una giustizia da sempre rincorsa dall’umanità e mai raggiunta. Alla luce di tale ragionamento, la risposta di Gesù alla domanda: è giusto pagare il tributo a Cesare? Assume ben altri significati di quelli che si è soliti intravedere. Egli risponde infatti: “rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. Colmate cioè il debito di giustizia con Cesare, cosa che potete fare visto che questo denaro porta la sua effige, ve lo ha dato quindi lui, ma colmate anche quello con Dio, di cui voi stessi, il vostro essere, è immagine e somiglianza. Rendete cioè a Dio la vostra esistenza. Una risposta che dovrebbe far tremare le vene ai polsi.
Il sacrificio di Cristo sulla croce è quindi realmente l’atto che giustifica l’uomo davanti a Dio e, si badi bene, un atto necessario di cui Gesù era da sempre consapevole. Un supremo, sublime, definitivo atto di giustizia che rende l’uomo innocente della colpa di essersi appropriato della propria esistenza, illudendosi che questa potesse compiersi senza Dio... contro Dio.
E la messa cattolica è lo stesso atto di giustizia. Riflettiamo sul rito a cui partecipiamo superficialmente e senza quasi prestarci più attenzione. Cosa significa il momento dell’offertorio e perchè si porta all’altare il pane ed il vino? Come i diversi chicchi di grano divengono l’unico pane e come i diversi chicchi d’uva divengono l’unico vino, i fedeli offrono se stessi per essere crocifissi con l’unico Gesù Cristo nel sacramento eucaristico; quello che prima era impossibile all’uomo, colmare cioè il vuoto di giustizia tra lui e Dio, ora diventa possibile nell’unico sacrificio di Cristo. Alla luce di ciò risulta mal posta ogni questione sulla presenza reale di Gesù nell’eucarestia; se non fosse reale, non lo sarebbe nemmeno la giustificazione degli uomini. La crocifissione, così come l’eucarestia, non è quindi, come qualcuno oggi vuole sostenere, un atto di misericordia di Dio, ma un atto di giustizia. Si noti bene che da quest’atto gli uomini non sono affatto esentati; ogni cristiano è chiamato ad unirsi a Cristo in tale sacrificio e così l’intera Chiesa che ne è il corpo mistico. Gli uomini non sono chiamati da Cristo per partecipare della sua resurrezione, ma innanzitutto della sua morte di croce... solo così vi potrà essere resurrezione.
Gennaro Cangiano
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