Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente

mercoledì 12 febbraio 2020

De profundis


"Dal profondo a te grido, o Signore;
Signore, ascolta la mia voce. 
Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia preghiera".
(Salmo 129, vv. 1-2)

Non so se sia una cosa mia che tendo a generalizzare o se sia invece una costante realmente comune a tutti; fatto sta che, quando mi ritrovo a confrontarmi con qualcuno sul mio modo di vivere la spiritualità cristiana, noto nel mio interlocutore un certo disagio. Il più delle volte tale stato d'animo lo imputo alla vulgata ufficiale di oggi, tutta intenta a predicare come la fede debba avere una dimensione prettamente personale. Il condividere il proprio punto di vista in tale materia, suona come un'invasione di campo nella visione altrui delle cose... Però non basta questa lettura a spiegare quello che ho chiamato forse impropriamente disagio, non riuscendo a trovare un termine realmente utile a rappresentarlo, in quanto io stesso provo qualcosa di molto simile a quanto traspare da chi mi ascolta. La stranezza è il constatare l'inevitabilità di tale disagio... Eppure tutto avviene in una popolazione di battezzati, in cui il pensiero e la tradizione cristiana dovrebbero sempre suonare familiari, specie in un paese che ospita i vertici della Chiesa mondiale; converrete con me che c'è qualcosa che non quadra se la testimonianza sincera tra battezzati risulta così poco scontata.

Esattamente come se esternare la propria esperienza spirituale equivalesse ad una vera e propria violenza, istintivamente le persone sentono il bisogno di doversi difendere; da un certo momento in poi cessa ogni reale possibilità di dialogo, che lascia spazio ad inutili ed ingenue frasi fatte, del tipo: "io credo a modo mio" o "io non credo a queste cose", "beato te che hai la fede"; fino alla mia preferita "ogn'uno ha i suoi tempi"... Come se non potessimo in realtà morire da un momento all'altro, fatto che di per sè basterebbe da solo a dimostrare l'idiozia di una tale affermazione; ma tant'è, gli uomini si illudono sempre di poter rinviare a domani quello che invece dovrebbero fare oggi.
Alla fine mi sono convinto che il tentativo di rendere altri partecipi della mia spiritualità sia in realtà un errore; non è cioè condivisibile la forma interiore con cui quella spiritualità si manifesta, ma lo è soltanto l'oggetto che la rende possibile.  la profondità (o l'altezza, è la stessa cosa: In latino "profondo" si dice "altus") impone la comunione con Dio solo ed ogni tentativo di comunicazione umana impone l'uscita da quella profondità, il chè è, appunto, un errore. Forse non è possibile non commetterlo, cosa che mi porta a pensare che in realtà possa non esserlo fino in fondo, ma l'uscita dalla comunione profonda con Dio comporta per forza una sofferenza ed un'incomprensione, in cui davvero ci si ritrova a non riuscire a comunicare efficacemente l'esperienza della propria vita interiore. Io stesso, dopo tutto, non è grazie a prediche o a sermoni che ho vissuto la mia conversione, ma grazie ad una iniziativa di Dio a cui ho dovuto rispondere non con inutili chiacchiere, ma con la mia vita... Qualcosa di veramente incomunicabile, frutto non delle prediche di qualcuno, ma delle sue preghiere.
Al di là di quello che io stesso possa pensare, la verità è che i momenti in cui mi è realmente possibile rendere altri partecipi della mia relazione con Dio sono pochissimi; il più delle volte la sensazione è come se in pieno giorno fossi l'unico che vede il sole... Come vivere cioè in un mondo di nati ciechi e nessuno che riesca nemmeno a concepire l'esistenza di una luce così abbagliante da non poter essere fissata.
È quasi una maledizione... Non essere più capaci di vivere in superficie come tutti gli altri e, contemporaneamente, sentirsi condannati alla solitudine della profondità. Comprendo adesso le parole di Santa Teresa d'Avila, la sua riforma del Carmelo così rigida e la concezione della contemplazione come dimensione totalizzante dell'essere, incompatibile con ogni cosa che non sia dentro quella stessa dimensione. Mentre però ai suoi tempi i suoi contemporanei la compresero e la Chiesa la proclamò non solo Santa, ma dottore della Chiesa, oggi, probabilmente, sarebbe stata invece raggiunta dagli stessi provvedimenti che hanno interessato tutti gli ordini contemplativi da parte vaticana e che possono sintetizzarsi nell'ordine di pregare di meno e vivere di più nel mondo.
Cosa abbiamo fatto alla nostra cultura per renderla così insipida?
Siamo immersi in un ribollire caotico che non fa altro che insistere proprio sulla superficialità e sulla dimensione prettamente sentimentale della fede, relegandola spesso tra le cose che dividono ed enfatizzando invece i cosiddetti valori laici che, non si capisce a partire da quale etica condivisa, dovrebbero unire.
La stessa Chiesa, purtroppo, non fa più eccezione; non sembra più in grado cioè di indicare all'uomo l'origine vera della sua disperazione. Nell'enciclica "Laudato sii" di Papa Francesco si legge infatti esplicitamente che "l'origine del male è l'inequità"... È chiaro? Non l'iniquità, che ha nel peccato contro Dio la sua radice, ma l'inequità, cioè la cattiva distribuzione della ricchezza. La Chiesa cioè, per mezzo della massima autorità morale, incorpora la visione marxista della realtà che, per definizione, non è solo laica, ma è atea. La concezione infatti che ogni male sia originato dalla povertà, sottintende alcune specifiche che, pur non espresse esplicitamente, si danno necessariamente per scontate. In  primis il fatto che se si raggiungesse un'equa distribuzione delle risorse il male, di fatto, sarebbe superato in un paradiso che, quindi, si rivela essere di questo mondo. È il ribaltamento del cristianesimo con il suo contrario, sintetizzato nella concezione che vede il malessere morale dipendere dal malessere economico, mentre il pensiero di Cristo e della Chiesa ha sempre insegnato, almeno fino alla Laudato sii, che è vero l'esatto opposto: ogni disordine economico e sociale dipende da un disordine di natura morale.
La solitudine, sempre di più, aumenta in maniera esponenziale. Per il mondo postmoderno, per la sua capacità di analisi della realtà, Dio semplicemente non esiste e, qualora ci fossero ancora, i pazzi che si ostinano a credere sono tollerati a patto che vivano la loro vita e le loro relazioni politico-sociali come se Dio non esistesse, senza troppo disturbare chi allegramente è incamminato spedito verso la dannazione eterna. Il risultato è una palese schizofrenia, una nevrosi diffusa che vede esplodere, talvolta in comportamenti estremi e apparentemente incomprensibili, quanto i singoli sono necessariamente chiamati a reprimere per poter essere accettati socialmente.
La realtà di questa apostasia non è tradotta però in un atteggiamento generalizzato nei confronti di qualunque credo; all'interno cioè di un contesto che è laicista nella sua essenza, non tutte le fedi sono trattate allo stesso modo. L'Islam è condannato nei suoi risvolti estremi, ma opportunamente tutelato dal "politicamente corretto"; i movimenti politici che più predicano l'ateismo sono gli stessi che poi agevolano la nascita di moschee in territori tradizionalmente cristiani, spingendo per un'immigrazione incontrollata che, nella sua maggioranza, interessa popolazioni islamiche che si trapiantano in maniera traumatica in quegli stessi territori. L'ebraismo poi sembra addirittura essere l'unica religione che veramente si debba rispettare; come se fosse il reale riferimento spirituale dell'occidente. Non a caso oggi si parla, per questa parte di mondo, di tradizione giudaico-cristiana, senza però chiarire mai come queste due tradizioni interessino entrambe la cultura occidentale. Pur condividendo la condanna sacrosanta del pregiudizio antisemita, non si può non vedere che, al di fuori della Palestina ed escludendo le minoranze che, a partire dalla diaspora posteriore alla distruzione del tempio, sono sempre rimaste tali nei vari paesi europei, nessun popolo occidentale si è mai in realtà convertito al giudaismo (dovremmo citare l'eccezione askenazita, ma ci porterebbe lontano senza aggiungere molto al mio ragionamento), né il giudaismo ne ha mai plasmato la struttura giuridica o politica. La tradizione occidentale, da questo punto di vista, vede solo due pilastri nelle sue fondamenta: la fede in Gesù Cristo ed il diritto romano. Eppure da qualche decennio a questa parte si definisce la nostra tradizione come giudaico-cristiana... Come è possibile che un concetto esprima sia se stesso che la sua negazione?
Perchè delle due l'una... O la nostra tradizione riconosce Gesù Cristo come Dio e quindi compimento e superamento del giudaismo, o non lo riconosce come tale e quindi non può definirsi cristiana. È chiaro? Quello che si fa passare oggi come normale è la coincidenza degli opposti, che non può che risolversi concettualmente nel non ritenere veramente Cristo il figlio di Dio; magari lo si può ancora considerare un grandissimo uomo, un profeta, ma non Dio.
Comunque anche il giudaismo a cui ci si riferisce non è certamente quello della "Torà", quello che fu cioè di Israele fino all'avvento del messia, ma piuttosto quello della qabbalà; quello che, a partire dal rinascimento, si va a conciliare esotericamente con il peggiore pensiero gnostico che, fraudolentemente, si auto definiva cristiano, ma che di cristiano aveva solo le apparenze... e, oggi, neppure più quelle.
Sullo sfondo di quanto detto si assiste parallelamente alla proposizione delle pratiche tipiche delle tradizioni orientali buddiste e induiste in tutte le salse (lo yoga si pratica persino in alcune parrocchie); per non parlare della psicoanalisi, che ormai è predicata come unica chiave per la comprensione e la soluzione dei problemi esistenziali dell'uomo... Insomma tutto è ammesso, tutto è possibile, compresa la pachamama, in questo mondo post-moderno, tranne il vero cristianesimo, unica teologia che veramente si vorrebbe bandita dalle coscienze umane.
La solitudine di cui parlavo si è ormai fatta insopportabile, prendendo sempre di più le sembianze di una vera e propria persecuzione.
Eppure nelle anime che vivono questa solitudine non vi è disperazione... vi è una profonda sofferenza, ma non disperazione. Una sofferenza che non manca della consolazione necessaria perchè si perseveri fino ad offrire questo stesso dolore a Dio, in espiazione per la bestemmia in cui l'umanità sta progressivamente sprofondando. Eravamo stati avvertiti... Solo chi non vuole vedere non si accorge dei segni dei tempi.
Ieri era l' 11 febbraio, anniversario delle apparizioni di Maria Santissima a Lourdes ed oggi ci si sente meno soli e infinitamente più consolati dal fatto che la Madre di Nostro Signore parli agli uomini chiaramente, insistentemente ed inequivocabilmente.
Ti ringrazio mio Dio di averci fatto dono della beata Vergine Maria, in questa profonda solitudine dell'anima la sua luce mi consola.

Gennaro Cangiano (M.I.)


CORONCINA DI DODICI STELLE ALLA REGINA DELLA PACE
(di San Luigi Maria Grignon de Montfort)

 Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo

«Ti lodiamo, Vergine Maria, ricordando le meraviglie operate in te dal Signore»

Corona di Santità

Padre nostro... Beata sei tu, Maria, madre del Signore! Restando vergine, hai dato al mondo il Creatore. Ave Maria...

2. Sei un mistero insondabile Vergine santa! Hai portato nel grembo il Dio immenso, che i cieli non possono contenere. Ave Maria...

3. Sei tutta bella, Vergine Maria!  Nessuno macchia offusca il tuo splendore. Ave Maria...

4. I doni che Dio ti ha fatto, o Vergine, sono più numerosi delle stelle del cielo. Ave Maria... Gloria al Padre...

Corona di Potenza

5. Padre nostro... Beata sei tu, Maria, regina del mondo! Accompagnaci nel cammino verso il regno dei cieli. Ave Maria...

6. Beata sei tu, Maria, ricolma di grazia! Comunica anche a noi i doni di Dio. Ave Maria...

7. Beata sei tu, Maria, nostra medïatrice! Rendi intimo il nostro incontro con Cristo. Ave Maria...

8. Beata sei tu, Maria, vincitrice delle forze del male! Aiutaci a seguirti sulla via del Vangelo. Ave Maria... Gloria al Padre...

Corona di Bontà

9. Padre nostro... Lode a te, rifugio dei peccatori! Intercedi per noi presso il Signore. Ave Maria...

10. Lode a te, madre degli uomini! insegnaci a vivere da figli di Dio. Ave Maria...

11. Lode a te, donatrice di gioia! Guidaci alla felicità eterno. Ave Maria...

12. Lode a te, nostro aiuto in vita e in morte! Accoglici nei regno di Dio. Ave Maria... Gloria al Padre...

O Maria concepita senza peccato, prega per noi che a te ricorriamo.

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen

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