Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente

venerdì 5 giugno 2020

Il conflitto

Qualche mese fa, in una delle mie riflessioni in libertà, ponevo una domanda ai miei lettori che, pur argomentata in molte elucubrazioni, si sintetizzava in due parole: siete pronti?
Mi riferivo alla sensazione tangibile che il livello del conflitto, interiore per ogni uomo, sociale, politico ed economico per ogni popolo ed escatologico per il genere umano, stesse per raggiungere un punto di non ritorno; una situazione, cioè, in cui ogni singolo individuo avrebbe dovuto fare delle scelte inequivoche sulla parte con cui stare e, qualora ci si fosse sottratti a tale scelta, per ignavia o per ignoranza, ci si sarebbe condannati ad essere semplicemente, ma inesorabilmente, travolti.
La questione epidemica mondiale ha reso, quello che allora era una sensazione, un'evidenza incontestabile.
Tutte le certezze che avevamo in ogni campo o quasi, sono state spazzate via in poche settimane.
La scienza, quella che ci era stata propagandata fin da bambini sui banchi di scuola come fonte della verità a cui credere, è crollata miseramente sotto il peso di palloni gonfiati incapaci di ammettere i propri errori. Quelli di loro che fin dall'inizio avevano compreso la natura e le caratteristiche del virus, così come poi l'esperienza c'è lo ha realmente mostrato, sono quelli che dalla stessa comunità scientifica sono stati sbeffeggiati, umiliati, emarginati.
La politica, che ci dicevano essere lo strumento di autodeterminazione dei popoli, si è mostrata incapace di prendere una decisione di qualunque tipo, ridimensionata a quello che fondamentalmente è sotto la maschera, un oligarchia preoccupata esclusivamente di perpetuare il proprio privilegio.
L'economia, che subisce la caduta più rovinosa, si rivela un inganno. Sotto la retorica rivela il proprio volto di dominio dei pochi sui molti. Prima dell'epidemia il mantra era "non ci sono soldi" e ora le banche centrali immettono denaro per migliaia di miliardi, nel timore che la casa possa crollare addosso anche a chi quel denaro lo controlla. La pantomima dell'austerità a cui ci hanno costretti perché "mancavano i soldi" si rivela per quello che è: una sciocchezza, una precisa volontà di tenere i popoli sulla soglia di sopravvivenza, mentre in pochi gestiscono una massa monetaria pressocchè infinita.
L'informazione, rivelatasi voce unica del potere costituito, pronta a negare l'evidenza se il padrone gli ordina di farlo, si è mostrata per quello che è in realtà: becera propaganda, interamente impegnata a trattare i cittadini come dei deficienti, dicendogli in continuazione cosa devono e non devono fare... Megafono di un'élite di incapaci, da cui sedicenti intellettuali, altrettanto incapaci, sproloquiano su una realtà che forse non hanno mai conosciuto, ma che sicuramente hanno dimenticato.
Il popolo, folla indistinta e tele dipendente che vorrebbe essere sovrana, ridotto a ignorante ammasso di adolescenti piagnoni, disposto ad essere trattato come mai è stato trattato nessun suddito delle peggiori tirannie della storia... A cuccia e con la museruola.
Due cose emergono al di sopra di questo mare di buffonate a cui abbiamo assistito e che ci hanno fatto subire l'epidemia in maniera molto più grave di quanto avremmo dovuto, per la palese incapacità dell'intera nostra classe dirigente e quindi anche nostra.
La prima è la tecnica digitale, nella misura in cui si è posta come via unica di salvezza. Il telelavoro, la didattica telematica a distanza, il commercio in rete sono i veri potenziali vincitori della partita. In pochissimo tempo abbiamo assistito allo stravolgimento delle nostre abitudini in cui ogni impedimento sociale aveva pronta una soluzione digitale. È chiaro che, da questo punto di vista, non torneremo più indietro. Non lo farà il lavoro impiegatizio, non lo farà l'università, non lo farà la distribuzione di beni e servizi e i settori dove questo non sarà immediatamente possibile ne saranno seriamente contaminati, limitando al minimo ogni contatto sociale.
La seconda cosa che emerge invece è anche l'unica che la rivoluzione digitale non è riuscita a surrogare: la religione. Il confinamento domestico di questi mesi, con l'impedimento delle celebrazioni cultuali pubbliche, è stata realmente una privazione. I morti, che non hanno avuto un funerale, non hanno trovato nella tecnica alcuna surroga; così come il penitente che non ha potuto confessarsi o il catecumeno che non ha potuto ricevere il battesimo. Nemmeno la messa televisiva è servita a colmare quella che è stata una vera privazione e che dimostra una verità da molti sottovalutata: i fedeli cristiani non assistono alla messa, ma vi partecipano.
Il conflitto, di cui parlavo, ora si mostra nella sua forma più reale e si gioca tutto sulla capacità dell'uomo di riconoscere il proprio prossimo. La tecnica digitale spinge per un'atomizzazione dell'umanità, dove ogni rapporto sociale è mediato da qualcosa di esterno che, inevitabilmente, lo condiziona, fino a limitarlo nella sua capacità relazionale; la religione al contrario spinge verso relazioni personali sempre più profonde, in cui tale profondità è Dio stesso. Uno è colui che unisce, l'altro colui che divide... Ma, come abbiamo potuto tutti vivere e constatare in questi ultimi tempi, l'unico possibile rapporto vero con il prossimo è senza mediazioni; l'uomo, privato della libertà di relazione gratuita, è già all'inferno.

Gennaro Cangiano (M.I.)

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