Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente

lunedì 12 luglio 2021

Sulla critica di Diego Fusaro a mons. Viganò

 



Ho ascoltato con molta attenzione la critica mossa dal prof. Fusaro alle argomentazioni di mons. Viganò; è un atteggiamento che riservo sempre a quanto sostenuto da Diego Fusaro, uno dei pochi intellettuali del panorama culturale italiano a cui riconosco una genuina onestà. Non mi dispiace nemmeno il suo modo di comunicare, volutamente ricercato ed aulico, pur riconoscendo come esso spesso appaia forzato, come se il filosofo badasse talvolta più alla forma che alla sostanza delle sue argomentazioni. Ho anche letto molte delle sue pubblicazioni e, come spesso mi accade con i filosofi contemporanei, non condivido tutto quello che viene in esse sostenuto, ma riconosco, dietro la ridondanza evidente, una ricerca filosofica genuina. 

Proprio partendo da tale considerazione e dalla stima nei confronti di Diego Fusaro, devo però evidenziare, altrettanto onestamente, che nella sua critica a mons. Viganò ha commesso una serie di errori che da lui non mi sarei aspettato. Cerco di spiegarmi. 

Sostanzialmente Fusaro imputa a Viganó il non riconoscere a eventi come la rivoluzione francese, la valenza liberatoria che comunque, a suo dire, è innegabile, specie nella declinazione di concetti come la sovranità popolare e i diritti umani. Fusaro purtroppo non riesce però a vedere quanto il sistema filosofico moderno, di cui lui stesso si dichiara sostenitore, considerandosi un Hegeliano, sia diventato invece la gabbia dentro cui oggi ci dibattiamo. E di evidente cecità si tratta, visto che considera aporia filosofica il fatto che Viganò non stia logicamente in questa stessa gabbia; è invece proprio questa la strada, indicataci dal monsignore, che tutti siamo chiamati a percorrere se vogliamo veramente liberare il pensiero: uscire dalla gabbia (Platone avrebbe detto dalla caverna; mito molto caro al filosofo piemontese). 

Se infatti restiamo nella ferma convinzione moderna che la sovranità appartenga al popolo, legittimiamo, pur volendolo criticare, esattamente il sistema che oggi ci opprime, mentre mons. Viganò è su questo chiarissimo: la sovranità appartiene a Dio. 

Solo cioè riconoscendo che la sovranità popolare ha in Dio, cioè in un diritto naturale preminente, un limite che non puó essere superato, questa stessa sovranità puó ottenere una legittimità che altrimenti diviene arbitrio, dittatura della maggioranza e, in ultima analisi, tirannide. È l'assenza del limite che ci ha portato ad abomini come il ddl Zan; questo, il filosofo Fusaro, lo sa bene e bene ne ha parlato nelle sue opere, eppure non riesce a vedere che, quello stesso limite ritenuto necessario, lo si debba inevitabilmente riconoscere in Dio e cioè in un assoluto per sé sussistente da cui discende ogni sovranità. Sarebbe strano se il professore volesse davvero sostenere, come sembra, l'esistenza di un tale assoluto trascendente e poi negare che la sovranità risieda in esso; sarebbe puro deismo illuminista e massonico e, questo sì, sarebbe una novità nella sua impostazione teoretica. 

La democrazia, a differenza di quello che sembra intendere Fusaro, non è affatto intesa da mons. Viganò come demoniaca (affermazione che Fusaro mette sulle labbra del prelato in maniera del tutto gratuita) e tanto meno incompatibile con il riconoscimento del diritto naturale; anzi quest'ultimo ne rappresenta invece una fonte giuridica suprema, metacostituzionale, disegnando i precisi confini etici entro cui ogni sovranità deve esercitarsi, indipendentemente dalla forma con cui essa si presenta e si esercita nella storia. 

Sarebbe bastato al filosofo guardare esattamente davanti a sé, rinunciando alla visione puramente ideologica della realtà; proprio davanti al proprio naso la realtà oggettiva delle cose gli avrebbe chiarito che, quelle aporie che imputa alle argomentazioni di mons. Viganò, risiedono invece nella sua prigionia in un sistema filosofico sbagliato, descrittivo di una realtà che non esiste. Quelle argomentazioni non si inseriscono affatto in una dialettica Hegeliana, come se fossero antitesi della tesi neoliberista, da comprendere poi nella sovranità popolare come sintesi risolutiva; non è così, il Dio di cui parlano quelle argomentazioni non è il processo storico Hegeliano, ma l'assoluto trascendente che Hegel non vuole vedere perché incompatibile con la superbia del proprio sistema filosofico e, come lui, evidentemente anche chi se ne dichiara discepolo come Fusaro. 

Mons. Viganò è un Vescovo, un principe di santa romana Chiesa e un po' di umiltà sarebbe bastata per comprendere la valenza altissima delle sue parole. Con questo non voglio sostenere che un Vescovo abbia sempre ragione, ma nemmeno lo si puó ascoltare facendo finta che l'abito che indossa non esista. Confido in quell'onestà intellettuale, che continuo a riconoscere a Diego Fusaro, perché lo conduca ad un ripensamento; abbiamo bisogno di lui come di ogni altro uomo di buona volontà in questa battaglia, le cui implicazioni sono talmente gravi da richiedere ad ognuno il coraggio di uscire dalla caverna in cui ha rinchiuso sé stesso. Affido Diego e con lui tutti noi, al cuore immacolato di Maria Santissima, perché ci protegga e ci illumini con la Sapienza di cui è depositaria. 


Gennaro Cangiano (M. I.) 

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