Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente

martedì 11 giugno 2019

La luce e le tenebre


di Gennaro Cangiano (M.I.)

Nella vita di ogn’uno, ad un certo punto di essa, presto o tardi, ci si ritrova di fronte al dramma della propria esistenza. Un evento qualsiasi, talvolta banale, talvolta tremendamente serio, ci mette di fronte alla realtà del senso della nostra vita, esponendoci in modo inusitato alla verità di quello che siamo.
Quando questo avviene, ci si pone, più o meno consapevolmente, davanti a Dio, permettendo  che la sua assoluta autocoscienza trasfiguri la nostra; l’anima si espande, mostrando alla mente gli aspetti sostanziali di essa. Il primo, caratterizzato dalle proprie azioni, dice a noi stessi più di quello che vorremmo sapere.
Guardare quello che ora ci è mostrato in chiarezza, quello che siamo in realtà, le nostre piccole e inutili meschinità, le nostre cattiverie mascherate da giustizia, ci fanno vergognare oltre misura. Una sofferenza profonda ci assale man mano che prendiamo coscienza del fatto che quelle azioni non sono state scelte inconsapevoli, ma sono state tutte da noi deliberatamente volute, ogn’una delle quali è stata una scelta tra noi e Dio, tra noi e il prossimo, ed in ogn’una di esse abbiamo scelto noi stessi. 
Tale trasparente consapevolezza innesca un meccanismo di reazione, di rifiuto, frustrato dall’impossibilità di cancellare quelle azioni. Siamo portati a negare la realtà, a voler ricacciare l’anima in quel buio dove era prima, illudendoci di poter non vedere quello che abbiamo deciso di essere. La maschera dietro cui ci nascondiamo si inspessisce e le nostre paure ci fanno muovere contro quella luce che rende il nostro essere manifesto o scappiamo da essa. Più scappiamo però e più ci rendiamo conto che quella luce non è esterna a noi... è dentro, inesorabilmente. Ogni aggressione ad essa si risolve in un moto autodistruttivo, ogni tentativo di fuga si rivela un’alienazione da sè stessi. C’è chi passa l’intera esistenza in tale condizione, fino a giungere alla totale autodistruzione o alla pazzia.
L’altro aspetto che ci appare della nostra anima espansa è la nostra capacità di distinguere realmente il bene dal male. Non vi sono dubbi, non c’è interpretazione; c’è pura consapevolezza di noi stessi, in cui ci riconosciamo perfettamente speculari alla luce che ci illumina. Riconosciamo la nostra vocazione profonda, la sola ragione della nostra esistenza e sentiamo di dover raggiungere l’unico senso possibile di essa. Tutto il resto, le ideologie, le convinzioni, le filosofie diventano in un attimo inutili, come una mappa una volta arrivati a destinazione. 
Abbandonando all’oblio la nostra vita passata, ci immergiamo nella parte di noi che appare illuminata e salvifica... per rimanere però ben presto delusi. Il nostro essere immagine speculare ci inganna; tra noi e la fonte della luce c’è la stessa differenza che c’è tra noi stessi e la nostra immagine nello specchio. Se solo ci spostiamo di qualche passo l’immagine sparisce, non avendo alcuna ragione di esistere se non il nostro guardarla. Quello che ne risulta è la disperazione più pura, la sensazione di essere solo uno sbaglio, un inutile vezzo dell’universo, esistente per il puro divertimento di non si sa cosa.
Questa fenomenologia dell’anima, talvolta, può tradursi in incertezza, bloccati nell’incapacità di prendere qualunque decisione che si intuisca determinante. Invano si cerca chi possa dirci cosa fare, da che parte andare... siamo soli. Nessuno prenderà nessuna decisione al nostro posto, nemmeno Dio. 
È possibile perdersi nella ricerca di possibili conciliazioni, di strade alternative che ci evitino una scelta, ma sono pure illusioni. Ogni attimo di lucidità ci mostrerà noi stessi ancora nella stessa posizione, sospesi nello spazio e nel tempo, prigionieri della nostra ignavia, della nostra tiepidezza. Si può addirittura passare tutta la vita in tale stato di codardia, giungendo, prima o poi, alla vergogna di se stessi, allo spreco inesorabile della propria esistenza.
In un unico caso l’anima trova la chiave giusta... se smette di guardare se stessa. Se invece di concentrarsi sulla proprie azioni o sul proprio essere, guarda chi ha davanti... da dove viene quella luce? È questa l’unica strada, senza rinnegare se stessi, ma riconoscendo i propri errori come tali, vivendone fino in fondo l’afflizione che deriva da tale consapevolezza e, simultaneamente, guardando chi in noi si stà specchiando. Ci accorgeremo che l’unico senso della nostra esistenza è accettare il nostro essere immagine speculare, destinata a conformarsi a chi vi si stà specchiando o a perdersi nella più totale disperazione. Quando si accetta tale Verità, le nostre azioni passate non sono fonte di paura, ma punto di partenza... e più ci si allontana da esse più la luce ci inonda, diventa chiara, pura. Non è un processo indolore, saranno più le volte che ci ritroveremo accasciati su noi stessi nella polvere che quelli in cui cammineremo spediti, ma ad ogni caduta, rialzandoci, ci accorgeremo di non essere al punto di partenza, ma lì dove eravamo caduti... la strada percorsa non è mai perduta. Guardandoci dietro vedremo noi stessi nelle tenebre senza riconoscerci e capiremo che, pur senza accorgercene, la conformazione è già iniziata. Il cammino dura tutta la vita, ma la luce la vediamo già ora; c’è chi riesce a correre, chi invece si muove a piccoli passi, ma la luce è la stessa per tutti ed è essa stessa che verrà incontro a chi si muove verso la meta. 


Gennaro Cangiano (M.I.)

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