Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente

martedì 18 giugno 2019

L’avversario...


di Gennaro Cangiano (M.I.) 

L’obiezione che più mette in discussione la Verità della Fede cristiana è quella del male; come se la sola sua esistenza fosse una mina, nelle fondamenta dell’edificio teologico Cristiano, capace di demolirne una struttura altrimenti inattaccabile. In realtà però si tratta di un inganno, una menzogna che ad arte falsifica la percezione della realtà. Per comprendere questa mia affermazione vi chiedo di porci una domanda: che cosa è il male? 
Proviamo ad articolare una risposta che sia realmente esaustiva per la ragione e corrispondente alla realtà che osserviamo ogni giorno nella nostra vita.
Innanzitutto dobbiamo comprendere che quello che generalmente definiamo come “male” non è un’unica cosa, ma si articola in più fenomeni che tendiamo a generalizzare. Questa generalizzazione, che da un lato è utile per la comunicazione e per la comprensione dei macrofenomeni che ci circondano, impedisce però il più delle volte di notare i dettagli che distinguono fatto da fatto, intenzione da intenzione ed effetto da effetto, confondendosi nei fraintendimenti, talvolta abnormi, che ne derivano. Partendo da lontano e guardando ancora in maniera molto generale, possiamo dire innanzitutto come il male si risolva sempre in una mancanza. Esso è sempre la privazione di un bene necessario alla piena realizzazione di sè. Se l’occhio esiste per permettere la vista, la sua piena realizzazione sarà quella di vedere; se l’occhio non vede, tale mancanza è chiaramente un male. Ma se un ombrello non ha gli occhi non possiamo dire che sia un male, perchè la piena realizzazione di un ombrello in quanto tale non necessita degli occhi. È chiaro fino ad ora? Il bene è la realizzazione piena della cosa in sè, mentre il male è una qualsiasi mancanza che impedisca tale realizzazione. Si noti anche che il male non può mai essere assoluto. Dipende sempre da un bene preesistente e non può spingersi fino ad annullarlo, altrimenti distruggerebbe se stesso. Nell’esempio dell’occhio di prima tale realtà risulta evidente. Se il male, oltre ad essere privazione della vista, si spingesse infatti fino alla mancanza dello stesso occhio, allora non esisterebbe nemmeno più il male in sè; come per il caso dell’ombrello.
Quindi, ricapitolando, possiamo dire che quello che esiste in senso assoluto è il bene, mentre il male è sempre relativo e dipendente dal bene preesistente. 
Dopo questa prima indagine generale, proviamo ad entrare più nello specifico, cominciando a distinguere, tra i fenomeni reali, quali tipi di male si possono osservare. Ogni mancanza può derivare innanzitutto da un evento accidentale, come un incidente o una malattia; tali mancanze, pur essendo sicuramente un male, dipendono però dalla condizione generale in cui l’uomo si trova. Per esempio se esco di casa senza ombrello e comincia a piovere, il mio bagnarmi sarà interpretabile come un male, ma dipenderà dalla mia condizione iniziale; se questa fosse stata diversa, se avessi cioè preso con me l’ombrello, la pioggia non mi avrebbe bagnato. Altra cosa è se qualcuno deliberatamente mi priva dell’ombrello;  in questo caso non si può parlare di male dipendente da una condizione iniziale, ma di un male causato da una volontà personale e, appunto, malvagia;  se addirittura quel qualcuno fossi io stesso, la situazione non cambierebbe, come non cambierebbe la qualità malvagia dell’azione.
La mancanza massima che possiamo osservare è la morte, in quanto è privazione dell’esistenza, cosa assolutamente necessaria ad ogni possibile realizzazione. Tale male estremo si prefigura inoltre come sintesi di ogni male, essendo condizione di ogni uomo la propria mortalità, ma anche la possibilità di esserne causa per se e per gli altri. La morte si definisce come la privazione dell’esistenza, il bene a cui si riferisce è “l’essere” e, visto che l’essere assoluto è Dio, la condizione di mortalità è la separazione dell’uomo da Dio... c’è però una cosa importante di cui tenere conto nella nostra analisi: “l”essere è e non può non essere”. Significa che la morte fisica segna la conclusione del nostro cammino nella materia e nel tempo, ma l’ingresso del nostro essere nell’eternità rende eterna una condizione che è già oggettiva qui ed ora. Solo l’opera redentiva di Cristo permette all’uomo di colmare quell’abisso che lo separa da Dio, la sua resurrezione è la vittoria del bene assoluto sul massimo male concepibile. Nonostante questo l’uomo è ancora libero di non aderire alla via di Salvezza che Dio stesso traccia davanti a lui, restando vittima dell’illusione e della superbia di bastare a se stesso e condannandosi così ad un epilogo drammatico deliberatamente scelto. L’illusione e la superbia di cui parlo sono antiche e sempre uguali, l’artefice che le alimenta è sempre lo stesso: l’avversario, il nemico, il divisore; l’essere perverso e pervertitore che, mentendo, inganna l’uomo per trascinarlo nel suo stesso destino. Il tempo però è compiuto, la donna vestita di sole che schiaccia la testa del serpente è già giunta e i suoi figli sono pronti a combattere, fino al trionfo del suo cuore immacolato.

I fedeli riconoscono il corpo di Cristo se non trascurano di essere il corpo di Cristo. (Sant’Agostino, In Io. Ev. tr. 26, 13)


Gennaro Cangiano (M.I.)

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