Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente

venerdì 21 giugno 2019

Un luogo dove incontrare Dio

di Gennaro Cangiano (M.I) 

Spesso mi ritrovo a meditare sull’episodio evangelico dei discepoli di Emmaus. Così come è narrato dall’evangelista Luca, sembra nascondere una Verità che non è subito evidente ad una lettura superficiale. L’episodio è arcinoto, i due discepoli sulla strada di Emmaus sono affiancati da Gesù risorto, ma non lo riconoscono. I due hanno assistito alla crocifissione senza averne capito il senso; il loro cuore è affranto, avevano realmente creduto che Gesù fosse il messia, ma il calvario è una sconfitta che non si aspettavano. Gesù spiega loro, lungo la strada, come in realtà tutte le scritture indicassero gli eventi successi come necessari e ne profetizzassero il compimento. Nemmeno questo basta ad aprire gli occhi dei discepoli, che però invitano lo sconosciuto forestiero a restare con loro per la notte e a cenare insieme.
Luca (24, 30-35) descrive  così quello che successe dopo:

30 Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31 Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. 32 Ed essi si dissero l'un l'altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». 33 E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34 i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». 35 Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Due cose saltano agli occhi. La prima è la descrizione chiara della celebrazione eucaristica come la viviamo noi oggi e come è sempre stata vissuta dalla Chiesa, indipendentemente dalla pluralità dei riti. La celebrazione della messa a cui partecipiamo infatti comincia con un atto penitenziale, che ci richiama il sentimento di afflizione dei due discepoli, continua con la proclamazione della parola e della sua spiegazione, dall’antico testamento al nuovo, per poi culminare nella celebrazione eucaristica vera e propria. Il tutto, come descritto da Luca, è iniziativa e atto di Dio e non dell’uomo. Il sacerdote infatti celebra “in persona Christi”, cioè nel momento della celebrazione è Cristo... e lo è davvero, vedremo poi perchè.
La seconda cosa che colpisce invece è il passo in cui si dice che “lui sparì dalla loro vista”... perchè? Perchè sparì e perchè i due discepoli non danno peso al fatto di non vederlo più, ma piuttosto di non averlo riconosciuto prima? Pensateci... quando siete a tavola in famiglia chi è che non vedete? Voi stessi. I discepoli, dopo aver riconosciuto Cristo nello spezzare il pane e dopo essersi cibati del suo corpo, sono essi stessi il corpo di Cristo, il che ci pone davanti ad uno dei misteri più centrali e profondi della Fede cristiana.
Per comprendere realmente questa Verità dobbiamo riflettere però su un altro fatto descritto nei vangeli e cioè su cosa avvenne nell’ultima cena che precedette la passione di Gesù. Dobbiamo farlo però non limitandoci alla semplice lettura narrativa, ma chiedendo alla nostra povera mente lo sforzo innaturale di guardare gli eventi descritti “dal punto di vista di Dio”. Ogni momento della storia infatti è contemporaneo all’eternità di Dio; da questa prospettiva diventa comprensibile come l’ultima cena ed il calvario siano, dal punto di vista dell’eternità, non solo contemporanei, ma lo stesso evento redentivo. La differenza stà nel fatto che la Croce è l’atto sacrificale che solo Cristo poteva compiere, mentre il pane spezzato è lo stesso atto sacrificale che si apre alla partecipazione dell’uomo; senza questo secondo aspetto non ci sarebbe redenzione. Quello su cui inoltre vi invito a riflettere ora è che, dal punto di vista dell’eternità, tale evento si sovrappone alla stessa creazione, elevandola al suo massimo compimento. Tutto l’essere si condensa in un unico luogo ed è proprio così che è narrato nei vangeli, a cominciare dalla decisione del luogo dove celebrare la Pasqua. I discepoli infatti chiedono a Gesù dove vuole che preparino per la celebrazione e questi risponde indicando lui stesso un luogo che, stando alle sue parole, era già stato preparato per loro. In quel luogo quindi vediamo la presenza di Dio, nella persona di Gesù, i dodici, che sono le dodici tribù di Israele e quindi l’umanità creata da Dio per sè, ma anche le dodici costellazioni dello zodiaco e quindi l’universo, troviamo i frutti della terra, nel pane e nel vino, troviamo il regno animale, nell’agnello preparato per la Pasqua... troviamo anche la presenza degli esseri angelici, testimoniata dalla citazione del fatto che Satana entrò in Giuda l’Iscariota. Da quest’ultima presenza si comprende inoltre che, nella totalità dell’essere, ogni cosa si muove secondo un disegno di cui Dio è l’artefice. Anche se sono causa della propria espulsione dal luogo in cui si trovano, la ribellione ed il tradimento sono narrati chiaramente come parte di esso, come esplicitato nelle parole di Gesù a Giuda “quello che devi fare fallo presto...” è proprio tale interiorità che segna la sconfitta del male, che, pur volendolo distruggere, si ritrova suo malgrado strumento della realizzazione del disegno divino. Insomma il tempo e lo spazio si condensano in un unico luogo, in un unico evento, in un unico sacrificio che è insieme creazione e redenzione, in un unica eucarestia, in cui Cristo ricapitola in sè ogni cosa. E tutto rimarrà così, condensato, come punto di incontro tra il tempo e l’eternità, fino a che ogni uomo, di ogni tempo, abbia avuto la possibilità di parteciparvi. 
Provate ad entrare in una Chiesa, magari in un momento in cui non c’è nessuno, inginocchiatevi il più vicino possibile al tabernacolo e chiudete gli occhi... vi ritroverete in quello stesso luogo, fuori dal tempo e dallo spazio, presenti all’eternità dell’essere, ai piedi della gloria di Dio. 
Ci resta un ultimo sforzo da fare per comprendere fino in fondo la realtà che ho provato indegnamente a descrivere... dobbiamo riconoscere che nella narrazione evangelica c’è un’apparente assenza: Maria. Effettivamente non è indicata nei vangeli la sua presenza all’ultima cena, ma è un’assenza apparente e ve ne renderete conto presto stando inginocchiati davanti al pane eucaristico. Comprenderete quello che anche gli apostoli, tranne Giovanni che fu presente ai piedi della croce, hanno compreso solo dopo Pentecoste e cioè che quel luogo, indicato da Gesù ai discepoli come già preparato per loro, quel luogo dove vi ritroverete inginocchiati, è il grembo di Maria.


Gennaro Cangiano (M.I.)

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