Non vi è dubbio che il cammino che ha compiuto la speculazione umana sull'uomo e su Dio abbia raggiunto oggi vette differenti da quelle dei secoli passati. Sono punti d'arrivo differenti perché si è deciso ad un certo punto di percorrere strade nuove, che in passato non solo non erano state battute, ma che erano state accuratamente evitate; nella consapevolezza delle possibili storture a cui avrebbero potuto condurre, ma anche per un oggettiva mancanza di strumenti che invece, a partire da un certo periodo in avanti, l'uomo si è trovato a disposizione. Penso innanzitutto all'invenzione della stampa, alla diffusione della conoscenza che questa ha rappresentato per un mondo che invece era abituato alla scarsità dei testi, che erano prima necessariamente pochi e accessibili solo a determinate categorie di persone. La conoscenza diffusa ha portato ad un arricchimento inevitabile della speculazione filosofica e teologica, arricchimento che si è rivelato sia quantitativo che qualitativo.
Purtroppo però le storture che i pensatori avevano intuito possibili non hanno tardato a presentarsi. Mentre prima la speculazione teologica infatti era appannaggio quasi esclusivamente degli uomini di Chiesa, che affrontavano l'argomento partendo da un retroterra di fede di cui tenevano necessariamente conto, l'irrompere nel dibattito di pensatori che partivano da presupposti diversi ha creato ben presto una dicotomia. Da un lato infatti si continua ad assistere ad una sostanziale continuità interpretativa, ma dall'altro invece nascono scuole di pensiero alternative, che, progressivamente, spostano l'oggetto della riflessione da Dio all'uomo.
Sempre di più Dio diventa, da oggetto di studio in sé quale era, uno strumento per la comprensione dell'uomo, con tutto quello che da ciò deriva. L'evento cristiano smette ben presto di essere rivelazione di Dio all'uomo e diventa rivelazione di Dio sull'uomo. Da qui al ritenere superflua la stessa rivelazione il passo è breve e l'uomo focalizza sempre di più i suoi sforzi su un altro progetto, che è incentrato sul conoscere se stesso indipendentemente da Dio. Inevitabilmente si assiste ad una rivalutazione della condizione umana per quello che è, considerando fuorviante ogni riferimento a quello che dovrebbe essere ed innescando l'affievolirsi consequenziale di ogni tensione etica e morale. Possiamo ben dire che lo scopo che ci si proponeva in premessa sia stato perfettamente raggiunto; sappiamo oggi benissimo quale sia la condizione umana e sperimentiamo ogni giorno che è in realtà la stessa che gli uomini hanno sempre conosciuto; una consapevolezza che però si presenta oggi in modo alquanto differente dal passato. l'intera speculazione filosofica e teologica degli ultimi 500 anni ha avuto infatti come risultato non di spiegare all'uomo chi egli sia, ma di demolire ogni pensiero che indicasse ad esso l'esistenza di una via di uscita dalla propria condizione, dicendogli chiaramente che non esistono alternative possibili alla propria precarietà, che l'uomo non è altro che un animale che deve imparare a vivere la propria bestialità. Parallelamente il progresso tecnologico ha contribuito a determinare l'illusione di una possibile auto-elevazione dell'umanità, apparendo sí come una conferma del presupposto antropocentrico, ma nascondendo in realtà un'insidia che solo oggi forse è possibile riconoscere in pienezza.
Sia chiaro che non ho nulla contro il progresso tecnologico, ritenendo la tecnologia niente di più di quello che è e cioè un semplice strumento; quello su cui mi interessa riflettere è la concezione che si è imposta di essa come esaltazione della visione antropocentrica.
Si è passati cioè dall'accettazione da parte dell'uomo della propria bestialità, assecondando ogni impulso o desiderio indipendentemente da qualunque argine etico-morale, alla manipolazione creativa di ogni aspetto dell'esistente, fino a ritenere l'aborto, ma anche l'utero in affitto, un diritto, la clonazione umana possibile, l'eugenetica auspicabile, il transumanesimo un orizzonte plausibile... la bestia si è fatta Dio.
La demolizione di ogni possibile alternativa getta l'uomo in una sostanziale depressione; una generale disperazione che lo vede intraprendere ogni possibile strada gli si presenti e che gli prometta una possibile soluzione all'inesorabile perdita di senso in cui ha invischiato la propria esistenza; paradossalmente tutte le vie di fuga sono accettate; alcool, droga, sesso, fanatismo settario, sia politico che religioso... Tutte purché non siano il vecchio teocentrismo e tutte si concludono in un vicolo cieco che finisce per alimentare quella stessa disperazione.
E' inutile girarci intorno, dal punto in cui siamo arrivati non vediamo affatto il cielo, ma un'abisso. Eppure è ancora possibile alzare gli occhi, vincendo tutti i condizionamenti a cui siamo sottoposti ogni giorno e che ci costringono a vergognarci della nostra stessa capacità di pensare. l'unica vera soluzione possibile è recuperare la visione di noi stessi che abbiamo abbandonato, intraprendendo nuovamente una strada che, pur apparendo tremendamente in salita, è l'unica che ci porta a vedere nuovamente il cielo.
Gennaro Cangiano (M. I.)
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