Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente

sabato 13 luglio 2019

La luce nelle vene...



Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei un bronzo risonante o un cembalo che tintinna. Se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede in modo da spostare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri, se dessi il mio corpo per essere arso, e non avessi la carità, non mi gioverebbe a nulla. La carità è paziente, è benigna la carità; la carità non invidia, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, ma si compiace della verità; tutto tollera, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. 
La carità non verrà mai meno. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà, la scienza svanirà; conosciamo infatti imperfettamente, e imperfettamente profetizziamo; ma quando verrà la perfezione, sparirà ciò che è imperfetto. Quando ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Da quando sono diventato uomo, ho smesso le cose da bambino. 
Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità. (1 Corinzi 13, 1-13)

la parola  carità deriva dal latino “caritas” che, a sua volta, deriva dal greco “chàris”, che significa letteralmente “amore disinteressato”; è questa parola che San Paolo usa per definire la più grande di tutte le virtù. Sarebbe bene che ci domandassimo quanto abbiamo compreso il senso dei 13 versetti dell’inno della prima lettera ai corinzi che ho riportato.
Credo che siano le parole più sublimi ed elevate che il linguaggio umano sia mai riuscito ad esprimere; eppure questo stesso linguaggio non è sufficiente fino in fondo a descrivere la realtà della virtù della Carità che, lungi dall’essere l’elemosina a cui oggi l’abbiamo ridotta, risulta invece fondativa della stessa esistenza delle cose e dell’intero edificio spirituale del cristianesimo. La Chiesa lo sa bene, infatti ci insegna che essa è una virtù teologale e che, in quanto tale, la sua origine è in Dio. Le virtù teologali, Fede, Speranza e Carità, sono tutte originate in Dio, ma lo stesso San Paolo ci dice che la più grande è la Carità. Detta così sembra comprensibile, ma se si scende nelle profondità di questa affermazione la nostra povera mente vacilla... “Adesso vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente, come perfettamente sono conosciuto”... Proviamo ad immergerci in questo abisso. Quando si dice che qualcosa è dono di Dio, bisogna sempre tener conto che in Dio atto ed essenza coincidono. Ogni dono di Dio è Dio stesso che si dona e, nel suo donarsi, dona sempre se stesso totalmente... che significa dunque che la carità è più grande della fede e della speranza se tutte sono dono di Dio? Evidentemente non è lecito pensare che nel donarsi di Dio manchi una delle tre; sono sempre tutte e tre insieme e sempre inscindibili. La carità è però quella che ci permette di riconoscere la realtà delle altre due, come è sempre l’amore che ci permette di riconoscere l’amante e l’amato o la presenza dello Spirito Santo ci permettere di riconoscere la paternità di Dio Padre nel nostro essere figli nel Figlio, amati nell’amato. Allo stesso modo è la Carità che ci permette di riconoscere nella Fede in Gesù Cristo la nostra Speranza. Senza Carità quello che vediamo o sentiamo può sembrare Fede o Speranza, ma è solo un inganno. 
Quando la Fede in ciò che non vediamo si tramuta in visione beatifica e quando la nostra Speranza raggiunge la metà sperata, esse non finiscono, ma si mostrano per quello che sono: Dio; la luce della Carità allora è essa stessa a rivelarsi come mare infinito d’amore e di luce, come l’essenza stessa di Dio. San Massimiliano Kolbe aveva ragione, solo l’amore crea... “Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità”.  
La maggior parte delle volte, nel vivere praticamente il nostro essere cristiani, ci concentriamo quasi esclusivamente sulla Fede, su cosa crediamo e su quale sia la speranza legata a questo credo; la carità è invece ridotta ad assistenzialismo, riducendo così anche il nostro definirci cristiani ad una religiosità formale, ad una pratica senza fondamento, un’etichetta, una medaglietta; come se tale etichetta sia essa stessa la metà a cui aspirare. La povertà di spirito è fraintesa con la povertà economica; mentre però quest’ultima si colma donando denaro, la prima si colma donando noi stessi. Per colmare la povertà di spirito di chi incontriamo, donando noi stessi, dobbiamo essere Cristo... “Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei un bronzo risonante o un cembalo che tintinna. Se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede in modo da spostare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri, se dessi il mio corpo per essere arso, e non avessi la carità, non mi gioverebbe a nulla”.
Lo scopo unico e solo del nostro essere cristiani è essere Cristo... la Fede, la Speranza e la Carità, in noi, sono Cristo solo se le viviamo tutte e tre, donando tutto noi stessi a Dio e lasciando che Dio in noi si doni totalmente al prossimo che egli stesso ci presenta... chiunque esso sia. La moglie, il marito, il figlio, il genitore, il vicino, lo sconosciuto che incontriamo in metropolitana, il collega di lavoro, il nostro medico, il nostro parroco, l’insegnante, lo studente, il ladro, il poliziotto, l’immigrato, lo zingaro, il sindaco, il vescovo, lo spazzino, il Papa, l’amico, il nemico... la carità è luce che scorre nelle vene.
Il modello a cui guardare per riuscire a comprendere quello a cui il nostro essere cristiani ci chiama è la beata Vergine Maria... è lei che ha il sole dentro, la luce nelle vene; è lei la sede della sapienza, la regina della pace... “La carità è paziente, è benigna la carità; la carità non invidia, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, ma si compiace della verità; tutto tollera, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”. 
Non ė una meta irraggiungibile, anzi è l’unica meta per cui vale la pena vivere, ma per raggiungerla dobbiamo prima noi essere poveri in spirito; rinunciare cioè totalmente alle nostre convinzioni, alle nostre opinioni, al nostro interesse ed avere il coraggio di affidarci a Dio totalmente. Non importa quanto ci stà simpatico il nostro vicino, il nostro collega, il nostro vescovo o il Papa o il parroco: sono quelli che Dio ci ha dato e dobbiamo lasciare che Dio li ami attraverso di noi oltre misura. Pensateci la prossima volta che vi accosterete all’eucarestia e ricordate: solo l’amore crea.

Gennaro Cangiano (M.I.)

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