Non soffrono la sete mentre li conduce per deserti; acqua dalla roccia egli fa scaturire per essi; spacca la roccia, sgorgano le acque... (Isaia 48, 21)
Il territorio del milanese è caratterizzato da una rete di canali artificiali, i cosiddetti Navigli, da cui derivano numerosissimi canali minori che assicurano ai campi coltivati un’irrigazione costante e fruttifera, indipendentemente da quanto secca sia la stagione.
Tale struttura mi ha sempre affascinato, sia per il suo essere frutto del genio di Leonardo Da Vinci, sia per il suo prestarsi ad essere efficace simbolo di una realtà più elevata. In sè la struttura attinge l’acqua dai fiumi e la distribuisce anche molto lontano da essi, garantendo l’irrigazione in tempo di siccità, ma incanalando anche l’acqua che, essendo in un territorio pianeggiante, in stagioni eccessivamente piovose trasformerebbe i terreni in paludi.
Da sempre l’acqua è stata simbolo di vita e di grazia divina e tale struttura è un esempio evidente di perfetta comunione tra essa e l’azione dell’uomo, a beneficio di tutti e dello stesso territorio che altrimenti sarebbe malarico.
Quello a cui mi riporta la simbologia che essa ispira è la Chiesa. È essa stessa quella struttura che, attingendo la grazia dalla fonte, la distribuisce sapientemente attraverso i sacramenti e, da essi originati, rivoli infiniti di sacramentali. In migliaia di anni gli uomini in grazia di Dio non ne hanno mai seriamente intaccato la struttura, ma l’hanno anzi arricchita, identificando sempre nuove zone da irrigare e da rendere fruttifere. In taluni momenti della storia però qualcuno si è illuso di poter fare a meno della sua perfezione, condannandosi, insieme al territorio che abitava, ad una progressiva desertificazione... credo di poter dire che stiamo vivendo uno di quei momenti storici. Sono in molti infatti quelli che si illudono di poter rendere fertile un proprio campo alternativo, più santo di Dio; altri invece si sono ormai convinti che Dio non c’entri niente con l’acqua e che tutto dipende dalle capacità umane di crearla.
E così, il popolo che voleva fuggire da quella che considerava una inutile schiavitù, stanco delle continue prediche incomprensibili da parte di acquaioli dimentichi di non essere loro i proprietari della fonte, incredulo ormai su ogni parola che non sia la propria, ha lasciato il giardino e rinnegato quello che fino ad ora lo aveva dissetato, lasciandosi alle spalle ogni rimpianto. Voleva assaporare quello che pensava essere la libertà e la vera ortodossia, senza tenere conto che lontano dalla vita non c’è alcuna libertà, ma solo la morte. Lasciando la propria casa, con le sue anacronistiche regole morali, con la sua inaccettabile legge naturale, si ritrova ora in un arido deserto.
Non passerà ancora molto tempo prima che quello stesso popolo si rivolti contro i falsi profeti che troppo frettolosamente ha ascoltato, ma anche allora si ritroverà sempre lontano, nel terreno arido e infuocato del deserto. Spererà nella pioggia, che sempre la misericordia di Dio ha assicurato agli uomini in cammino verso di lui, anche se lontani dal giardino della sua casa, ma la sua giustizia tiene necessariamente conto anche delle scelte fatte e della responsabilità di essere ancora incamminati nella direzione opposta, incapaci di ritrovare la strada.
Nel deserto, a lungo andare, le giornate diventano invivibili; di giorno il sole brucia, come legna secca nel fuoco, ogni illusione di vita, mentre di notte regnano il freddo e le tenebre più assolute; camminare al sole è impossibile, significa condannarsi a tormenti atroci e la necessità di camminare di notte condanna a vagare in quelle tenebre.
Quando tutto sembrerà perduto, quando ogni orgoglio e superbia saranno svanite, quando la morte la si sentirà così vicina da sentirne la puzza, qualcuno si rivolgerà a quel Dio che aveva rinnegato, pregandolo perché lo riconduca a casa. Lo farà con cuore sincero, consapevole della propria incapacità di sopravvivere da solo, implorando il suo perdono ed il suo aiuto. Nel buio allora sentirà un rumore come di scroscio d’acqua.
Mentre le lacrime e i singhiozzi gli impediranno di parlare, nelle tenebre un gruppo di stelle gli indicherà la via... la costellazione della Vergine brillerà maestosa nel cielo.
Al sorgere del sole si accorgerà di essere già sulla soglia di casa e che lo scroscio viene da una roccia da cui sgorga acqua viva... ora quella roccia non è più fuori di sè, ma è dentro; è il suo stesso cuore che è divenuto una fonte inesauribile di vita. Non entrerà ancora nella città giardino, ma correrà dai suoi sfortunati compagni per dar loro da bere ed aiutarli a vedere. Alla luce delle stelle e dissetati dalla vita torneranno a casa, dove tutti vivevano da sempre in attesa del loro ritorno.
...chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno» (Giovanni 7, 38)
Gennaro Cangiano (M.I.)
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